[fbshare type=”button”] di Alejandro González Iñárritu (USA 2014, 119’)
Riggan Thomson (Michael Keaton) è un attore conosciuto per aver interpretato un famoso supereroe alato (il “Birdman” del titolo). Oggi lotta per portare in scena in un teatro di Broadway la pièce teatrale Di cosa parliamo quando parliamo d’amore di Raymond Carver. Riggan l’ha scritta, la dirige e la interpreta, divorato dalla paura di non riuscire. Cerca di fare qualcosa di importante: «questa è la mia carriera, la mia possibilità di fare qualcosa che davvero significhi qualcosa».
Ma non è facile: le sue paure e la sua nevrosi si materializzano proprio in Birdman, il suo doppio ingombrante e maledetto, che lo insegue ricordandogli che la gente «ama il sangue, ama l’azione. Non queste logorroiche, deprimenti, filosofiche stronzate”, la gente non ti conosce. La gente conosce l’uomo nel costume da uccello», lo invita a radersi il suo pizzetto patetico, lo incoraggia, a modo suo, ad aprire le ali, di nuovo («fai qualche intervento di chirurgia. I sessanta sono i nuovi trenta, figlio di puttana»). Tabitha, la spietata critica teatrale del New York Times, condanna Riggan ancora prima del suo debutto teatrale («Tu non sei un attore, sei una celebrità»).
Il film racconta la vulnerabilità di Riggan, il suo desiderio di fuggire dal passato, il tentativo di ricominciare (mettendo in scena un personaggio che recita «Io non sono nessuno. Io non sono neanche qui») e i suoi dubbi.
Sua figlia Sam gli chiede «Chi sei?» e gli ricorda che non sta lavorando per amore dell’arte, ma perché vuole essere ancora importante. «Beh, c’è un mondo intero là fuori dove le persone lottano ogni giorno per essere importanti. E tu ti comporti come se non esistessero. Le cose succedono in un posto che tu ignori volontariamente, un posto che ti ha già dimenticato. Tu odi i bloggers. Ti prendi gioco di twitter. Non hai una pagina facebook. Tu sei uno che non esiste. Stai facendo questo perché hai paura della morte, come tutti noi, che non ti interessiamo. E sai cosa? Hai ragione. Non devi. Non è importante. Tu non sei importante. Abituati a questo».
Nella sua ricerca, Riggan condanna i cinici amici di sua figlia, la cui unica ambizione è quella di diventare virali; ironicamente, è lui stesso a ritrovarsi involontario protagonista di un video caricato su youtube che in brevissimo tempo raggiunge 350.000 visualizzazioni. «Questo è il potere, che ti piaccia o no» gli dice Sam, mostrandogli il video.
In questo mondo, in cui i likes e i tweet misurano la popolarità, a Riggan si rimprovera di scambiare l’ammirazione con l’amore; e un disperato bisogno d’amore si nasconde nei comportamenti di tutti i protagonisti del film: Riggan, sua figlia Sam (Emma Stone), l’attore co-protagonista Mike (Edward Norton), la sua compagna Lesley, la fidanzata di Riggan Laura, la sua ex-moglie. Una ricerca di amore e di libertà che la regia sembra raccontare con i rapidi passaggi di sequenza, che rincorrono e incontrano i personaggi e che, con gli spostamenti nello spazio, traducono anche gli spostamenti nel tempo dell’azione.
La colonna sonora del film, bellissima e intensa, è dominata dalle percussioni di Antonio Sanchez, oltre che da pezzi, tra gli altri, di Mahler e Tchaikovsky: il batterista a più riprese appare nei luoghi del film insieme a Michael Keaton e sottolinea, con l’incalzare delle sue percussioni, gli stati d’animo del protagonista. L’innovatività di questa scelta non è però stata premiata: la colonna sonora è stata squalificata dalla corsa agli Oscar 2015, motivandone l’esclusione con il fatto che non sia “interamente originale”.
Il film ha ricevuto nove nomination, tra cui miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura originale.
By Teresa Capula – LaboratorioVentotto
Immagine in copertina: Birdman, un momento del film (Tutti i diritti riservati)