Sotto la lente di ingrandimento finisce in questo periodo Biancaneve (versione 2024) di Marc Webb sulla sceneggiatura di Greta Gerwig (dal 20 luglio con Barbie sul grande schermo. Nota anche per Piccole Donne). Sul banco degli “imputati” la scelta della protagonista Rachel Zegler, statunitense di origini polacche e colombiane, già famosa per il ruolo di Maria nel West Side Story di Steven Spielberg, la scomparsa dei sette nani (a quanto pare rimpiazzati da magiche creature appartenenti a differenti generi ed etnie) e l’estinzione del Principe Azzurro (ritirato dagli scaffali come le Tortorelle e i Palicao del Mulino Bianco). Per intenderci quello che salvava la protagonista con un casto bacio, lo stesso che Marlene Dietrich, alla prima del film Disney del 1937, definì un po’ criptogay (uno di quelli “poco ostentati” così tanto cari al Ministro dello Sport) e del tutto inutile allo sviluppo dei personaggi principali (e anche la protagonista non scampò alla sua tagliente ironia).
Si parla dunque, a quelli che dovrebbero essere alti livelli, di distruzione della cultura, senza tenere conto di due fattori. Il primo, squisitamente commerciale, è che Disney prende un suo classico per eccellenza e ne rivede legittimamente trama e personaggi per rivolgersi al suo pubblico (ampio e trasversale) e sfruttare l’impatto mediatico presso certa enclave conservatrice (che ad un certo punto decide di occuparsi di Brontolo e Mammolo per evitare di mettere mano all’emergenza climatica e al salario minimo). La seconda questione, questa volta davvero ad alto livello, riguarda la natura della fiaba.
Treccani (così come del resto la letteratura, la filologia e l’antropologia) opera una netta distinzione fra la favola e la fiaba: “La favola è di regola scritta da un autore, ha per protagonisti animali e alla fine contiene una morale con la quale si vuole insegnare un comportamento o condannare un vizio umano. La fiaba invece ha origini popolari antichissime, risale addirittura alla preistoria, e non ha una morale. E quando ha un autore è perché c’è stato uno scrittore che se l’è fatta raccontare e poi l’ha trascritta, ma il creatore della fiaba rimarrà sempre ignoto”. E prosegue specificando come di “ogni fiaba abbiamo molte versioni. Cappuccetto rosso non sempre viene salvata dal cacciatore e non sempre viene divorata dal lupo, Giovannin senza paura non sempre muore, Giufà non sempre è stupido. Non solo, nelle fiabe russe o danesi prevalgono regine delle nevi, gnomi, troll, mentre in quelle del Sud o dell’Oriente fate, vecchine buone, talismani, asini o cavalli volanti. Insomma, troviamo una stessa fiaba adattata alla situazione ambientale e culturale dei vari paesi. Questo ci fa capire come il patrimonio delle fiabe abbia circolato nel mondo e come circolando si sia arricchito”.
Anche Vladimir Propp, linguista e antropologo russo, nella sua Morfologia della Fiaba (1928), individua nella variazione e interscambiabilità di personaggi e “funzioni” una delle caratteristiche della fiaba.
Ed ecco dunque che i Fratelli Grimm si inventarono volatili cavaocchi, sorellastre capaci di mozzarsi i piedi o principi sbadati che, urtando la bara di cristallo, permettevano alla principessa fuggitiva di vomitare il pezzo di mela avvelenata (a guardare bene, Biancaneve fu risvegliata dal vomito! ndr.). Per non parlare dei finali: scarpe arroventate, morti cruente e vendette impietose.
Ed infine il Principe Azzurro (ma anche príncipe azul, prince charming o prince charmant) va in pensione, lasciando a Biancaneve il compito di affrontare la vita e autodefinirsi anche con l’aiuto di amici e complici. Una sorta di Famiglia Queer in cui la presenza nella propria vita di qualcuno non è assicurata dalla sua capacità di essere catalogato nei ruoli tradizionali, ma dalla sua volontà di accogliere, accudire e amare nel senso più ampio del termine. D’altronde, come dice De Beauvoir “la coppia è una comunità i cui membri hanno perso la loro autonomia senza liberarsi della solitudine“. Ed è pertanto meraviglioso, e certo appagante, sapere che un individuo possa liberarsi da isolamento e dipendenza affettiva grazie ai propri soli sforzi e alla vicinanza di individui affini, scelti ogni giorno e ogni giorno confermati nella breve avventura della vita.
Foto di copertina: Il principe trova Biancaneve risvegliata, di Franz Jüttner (1865-1925).