Dal 16 al 17 settembre, presso gli spazi del Lazzaretto di Cagliari, si è svolta la rassegna dedicata a Santa Ildegarda di Bingen, organizzata dall’Associazione Culturale CAROVANA S.M.I. A confronto sulla figura di Ildegarda Gilbert Casaburi, Cristina Muntoni, Chiara Vigo e Neria De Giovanni che hanno unito studi, esperienze e ricerche per la soddisfazione di un pubblico attento e coinvolto.
La storia
Ma chi era Ildegarda? La decima figlia di una nobile famiglia tedesca, nasce nel 1098 a Bermersheim vor der Höhe, a sud di Bingen, nell’Alsazia-Renana, in un’ epoca in cui alle donne non era concesso l’accesso alla cultura. La sua infanzia è caratterizzata da salute cagionevole e da continue visioni, motivo per cui i genitori, Edelfreien Hildebert e la moglie Mechtild, offrono Ildegarda ancora bambina come decima a Dio, affidandola alla loro parente Jutta von Sponheim, badessa del convento benedettino di clausura di Disibodenberg, fondato dal monaco irlandese Disibod. Jutta educa la ragazza secondo la regola benedettina dell’ora et labora: le insegna i Salmi, la Sacra Scrittura, il latino, la matematica, la musica ed anche i lavori manuali come il giardinaggio e la coltivazione delle erbe. Ildegarda diventa così una donna dalla cultura e dalle doti straordinarie, capace di inventare un nuova lingua, fondare monasteri, studiare il corpo umano e il suo funzionamento (descrive con dovizia di particolari l’organo genitale femminile), scrivere inni e musicare salmi e indirizzare lettere ai potenti della terra, pur rimanendo partecipe sul territorio tedesco ed europeo, viaggiando e tenendo vere e proprie lezioni.
Gli interventi e il cammino di Ildegarda
Gilbert Casaburi (qui l’articolo) ha approfondito quella che lui ha definito una delle figure femminili più originali ed eclettiche del Medioevo cristiano. Una persona carismatica che “univa la conoscenza – derivante dalle sue visioni – alla cultura medica erboristica di ogni monaca del suo tempo, proponendo un sapere fondato sulla considerazione globale dell’individuo“. Chef Gil, esperto di cucina naturale, macribiotica e curativa, ha offerto al pubblico un assaggio dei suoi dolci ildegardiani, basati sulla scelta di alcuni elementi indicati dalla monaca nei suoi scritti.
Cristina Muntoni – docente di Storia della Sacralità Femminile e Direttrice dell’Accademia di Arteterapia di Cagliari – ha parlato de “I canti di guarigione di Hildegard tra mistica e scienza”, in un percorso esperienziale (Canto di ildegarda di Bingen con Eleonora Chighine) per conoscere i canti curativi della Sibilla del Reno già individuato nel suo volume “Abracadabra, il potere curativo delle parole tra mito, tradizioni e neuroscienze” (Milano University Press). Il suo intervento ha indagato il tema del potere curativo delle parole, presente anche in Santa Ildegarda e nelle sue opere musicali, vero e proprio veicolo di storia, religioni e tradizioni popolari. La parola è in grado di imprimere significative modifiche nell’attività cerebrale, concetto basilare nelle neuroscienze e nella psicoterapia.
Chiara Vigo, Maestro di antica tessitura, ha raccontato l’apprendistato familiare della tessitura avvenuto presso la nonna, soffermandosi sull’arte tintoria del tessuto attraverso gli elementi naturali.
Neria De Giovanni, giornalista e saggista, Presidente dell’Associazione Internazionale Critici Letterari, ha preso spunto dal suo lavoro “Ildegarda di Bingen, la donna, la monaca, la santa” (LEV_Libreria Editrice Vaticana, prefazione di papa Benedetto XVI) per guidare gli ascoltatori nel tempo sospeso della vita della monaca tedesca, scardinando le porte dei secoli e restituendo agli ascoltatori una donna vibrante, curiosa e sempre in cammino nella sua continua formazione resiliente nella società del tempo: a soli 14 anni Ildegarda prende i voti come benedettina. Nel 1136, alla morte della sua mentore, viene eletta all’unanimità dalle consorelle come superiora per dirigere il convento. Nonostante la sua salute continui ad essere cagionevole, costringendola a lunghi periodi a letto, nel 1141 la sua vita viene completamente rivoluzionata perché riceve il compito da Dio di trascrivere le sue visioni. Scrive, aiutata del monaco Volmar, Scivias, conosci le vie, che le occuperà 10 anni di lavoro, dove racconta in 35 visioni la storia della Salvezza, la Creazione del mondo fino alla fine dei tempi. Nella prefazione dell’opera, lei stessa scrive: “Le visioni che ho visto, non le ho percepite in sogno o dormendo, ne’ in stato di frenesia o con occhi ed orecchie corporali e non le ho percepite in luoghi nascosti, ma le ho ricevute secondo la volontà di Dio da sveglia, osservando nella pura mente con gli occhi e le orecchie interiori in luoghi aperti”.
Il successo e le opere
Quest’opera la rende famosa grazie a San Bernardo di Chiaravalle e all’ordine dei Cistercensi che si fanno promotori dei suoi scritti in tutta Europa: anche Papa Eugenio III sostiene Ildegarda nel rivelare e a pubblicare le sue visioni. Sono gli anni in cui Ildegarda inizia il suo impegno per la realizzazione del convento di Rupertsberg, dopo aver ricevuto l’indicazione in una visione di fondare un suo proprio convento, sul luogo della tomba di San Ruperto. Costruzione contrassegnata da numerose difficoltà in quanto l’abate di Disibodenberg, Kuno, nega il consenso a Idelgarda di lasciare il convento: la sua fama porta un grandissimo numero di novizie a Disibodenberg con la donazione di cospicui beni in eredità. Grazie all’aiuto della famiglia Von Stade, riesce a portare a termine la costruzione del convento sul monte di S. Ruperto tra i fiumi Reno e Nahe, vicino al piccolo porto fluviale di Bingen, dove inizialmente si trasferisce con una ventina di consorelle. I primi anni nel nuovo convento sono segnati da numerose difficoltà e dalla povertà che si risolveranno nel 1155 alla morte di Kuno, con il successore Helenger che restituirà le doti delle novizie con i possedimenti e relativi redditi vengono restituiti alla comunità di Ildegarda.
Arriva la serenità in convento e Ildegarda si dedica alla scrittura di opere medico naturalistiche, Subtitlitates diversarum naturarum creaturum, ovvero Physica e Causae et curae, che lei stessa cita nella introduzione di Liber vitae meritorum, suo secondo libro di visioni, scritto tra il 1158 ed il 1163. In questo libro, il cui tema centrale è la responsabilità dell’uomo nella scelta tra il bene o il male, contrappone a 35 vizi altrettante virtù che l’uomo può scegliere e cercare di perseguire per sconfiggere i 35 vizi. Nello stesso anno inizia la stesura della sua terza ed imponente opera visionaria il Liber divinorum operum, che concluderà nel 1174, dove tratta la storia della Salvezza dalla Genesi all’Apocalisse, ponendo al centro della stessa l’attività creatrice di Dio. Ciò che emerge dalle sue opere medico-naturalistiche, è il pensiero che l’uomo e l’universo sono indissolubilmente legati: ciò significa che lo stato di salute o di malattia dell’uno si riflette sull’altro.
L’interdipendenza, infatti, rende il cosmo un’unità e per questa ragione la causa dei disagi dell’uomo è dovuta alla perdita di questa connessione con l’ambiente che lo circonda. Per Ildegarda, le malattie, di natura fisica o psichica, da cui l’umanità spesso è afflitta, siano la conseguenza visibile della rottura di quel legame meraviglioso tra universo e uomo, che trasmette la sua carica vitale e tiene unite insieme tutte le cose esistenti. Ogni creazione è connessa da un unico filo che tesse una rete straordinaria: a mettere in moto tutto quella che Ildegarda chiama viriditas (energia verdeggiante). Questa forza straordinaria, è individuabile a tutti i livelli sia fisico che spirituale del cosmo che si svela nelle cose naturali, come principio che da il potere terapeutico alle sostanze naturali; mentre nell’uomo è l’anima o principio di vita e movimento.
Ildegarda si spegne il 17 settembre del 1179, all’età di 82 anni, presso il monastero di Rupertsberg da lei fondato. Il segretario Gilberto di Gambleaux, successore dell’abate Volmar, descrivendo gli ultimi giorni di vita di Ildegarda, racconta che dopo le esequie, dalla tomba scaturì un profumo meraviglioso, percepito da tutti i presenti. Nel 1227 inizia il processo di canonizzazione ma solo dopo 800 dalla sua morte nel 1979, Papa Giovanni Paolo II riapre la causa di canonizzazione incaricando il Vescovo di Magonza di procedere nella divulgazione dell’opera della Santa, sia in ambito ecclesiastico che laico. Il 10 maggio 2012 Papa Benedetto XVI ne estese il culto liturgico alla Chiesa Universale e il 7 ottobre proclama Santa Ildegarda di Bingen Dottore della Chiesa Universale, unitamente al santo spagnolo Giovanni D’Avila. Nel 2021 Papa Francesco ne ha istituito la memoria facoltativa per tutta la Chiesa universale, fissandola al 17 settembre, giorno della sua morte.
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