Elizabeth Alexandra Mary sale sul trono del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sessantaquattro anni fa, il 6 febbraio 1952. Nata al n° 17 di Bruton Street a Mayfair, Elisabetta passa l’infanzia in una famiglia che pone al centro della sua esistenza parole come unità e a dovere. L’esempio del padre e della madre saranno importanti per il suo carattere: il primo afflitto dal carattere vincente e dalle scelte del fratello, dotato di un’ironia acuta, la seconda formidabile amministratrice della propria famiglia che allo scoppio della Seconda guerra mondiale, davanti a una possibile evacuazione in Canada, esclamò “Le bambine non potrebbero andarsene senza di me, io non me ne andrei senza il re e il re non se ne andrà in nessun caso”.
A questa donna, così influente, liberale e grande osservatrice degli esseri umani, la regina deve oggi la sua speciale serenità di vecchio monarca, a tal punto da volerne indossare un vecchio abito nella foto per il suo ultimo ritratto fotografico ufficiale.
Nel 1945 Elisabetta svolge il servizio militare presso l’Auxiliary Territorial Service e, dal 1951, rappresenta ufficialmente la Corona in giro per il mondo. Durante un viaggio in Kenya viene informata della morte del padre. L’accoglie al ritorno in patria l’anziano Winston Churchill .
L’ incoronazione solenne, avvenuta il 2 giugno 1953, diventa il primo evento globale della televisione e mostra al mondo una Londra in festa, affollata di gente, con il cielo piovoso e un lungo corteo militare che accompagna la carrozza in cui lei, assorta in pensieri insondabili, appare estranea alla solennità del momento.
Anni fa, durante un’intervista, provai a chiedere a un’altra regina, questa volta un’Imperatrice, cosa avesse provato durante la cerimonia. “Pensavo a quanto amassi mio marito”, rispose Farah Pahlavi , e adesso che scrivo di lei, non riesco a immaginare, invece, cosa potesse provare nel suo viaggio di ritorno verso Buckingham Palace .
Elisabetta II ha percorso nei suoi anni di regno un mondo in continua evoluzione in cui il ruolo del suo paese ha affrontato enormi cambiamenti negli equilibri internazionali. Durante il suo regno il boom economico, le guerre, la pace, la rinascita delle arti, gli anni ’60 e gli anni della Thatcher, ma anche anni difficili per la vita familiare. I cirri densi di tali eventi sembrano essere stati spazzati via dal matrimonio del nipote William con la cauta e formidabile Kate, sui quali la stessa sovrana sembra riporre le proprie speranze. Questa regina silenziosa, apparentemente fredda, amante dei cavalli e dei cani, che ha sempre preso sul serio il giuramento di capo di stato, che non ha mai fatto trasparire alcuna preferenza politica, affronta ora una sfida istituzionale, personale e mediatica senza precedenti per un sovrano inglese.
Compito di questa donna è ora quello di accompagnare questa istituzione, che naviga in un mondo economico in subbuglio e con una situazione sociale di estrema diseguaglianza e di ricchezza etnica, non solo verso i nuovi media (recente l’annuncio di lavoro con il quale si cerca un nuovo responsabile dei social media), ma anche verso un nuovo concetto per il quale sia possibile coniugare l’eccellenza della tradizione, rappresentata in primo luogo dall’essenza democratica, con un nuovo modus che, lontano dagli sfarzi e dai clamori, sia in grado di predisporre una dimensione cordiale e rigorosa fra istituzione e cittadino.
Un tratto distintivo di una monarchia che ha sempre saputo anticiparsi e trasformarsi per vivere meglio e più a lungo.
Per celebrare il suo genetliaco numerosi eventi e grande attenzione mediatica , non ultimo una nuova serie TV su Netflix , intitolata “The crown” , e una pellicola cinematografica “Una notte con la Regina” . Sui social la sua immagine spopola, solo su Facebook la pagina ufficiale raccoglie 2.752.998 like , mentre alla sua uscita pubblica a Windsor la folla ha intonato spontaneamente alcuni cori di cui certe star di Hollywood potrebbero ben sentire la mancanza.
Per la prima volta l’intelligenza e la coerenza diventano un brand. C’è da rallegrarsi.
By Matteo Tuveri