Di Dante mi piacerebbe aver letto, o sentito, quello che si, qualche volta, è stato affermato per sbaglio ma che non è stato messo al centro della sua figura e della sua memoria (in giornate di declamazioni e curatele, mostre, concerti e quant’altro fatti per lo più – non sempre – a uso e consumo di chi, non avendo niente di nuovo da creare, come lui fece, lo usa per autopubblicizzare la sua assai poco creativa vita professionale).
Di lui Ezra Pound diceva che ci fossero “voluti due secoli di Provenza e uno di Toscana per sviluppare i mezzi del capolavoro di Dante” e che il suo Dio, fosse “ineffabile, Il Dio di Milton è un essere pignolo con un hobby, Dante è metafisico, mentre Milton è solamente settario“. Mazzini lo riteneva il più grande fra gli italiani, D’Annunzio lo definì colui che teneva il mondo in pugno; Aldo Busi dice di lui che sia un “poeta funzionale, bravino ma interessato a compiacere, insomma, spera di essere ben presto a busta paga per i servigi resi. È critico ma solo quel tantino che fa birichino e niente più, in effetti è ligio e monolitico. In altre parole, insegna a piegare il capo e a inginocchiarsi. Tutto in lui è funzionale al potere.”
Quel #DanteAlighieri che, certo abile musicista della parola, usò sempre il cervello per guardare la realtà e mai si fece cieco seguace di partiti e tifoserie per viaggiare in una terra di mezzo (personale, poetica e immaginale) che solo fosse coerente con la propria visione del mondo e con il proprio autonomo discernimento.
Un amico fedele (così come tenace nemico, ma avveduto, sia chiaro, della censura e della limitazione del libero pensiero) che donò, spesso per vile denaro, spesso e volentieri per amore del ben fatto, della possibilità di comunicare e della ricerca di espressione con i mezzi tipici delle sue arti (cosa che oggi appare quantomeno impossibile riscontrare persino – e soprattutto – negli autodeclamati bravi del solito giardinetto).
Un pensatore generoso e scomodo – ed è quello che celebro e comunico sempre ai miei studenti – che usò il verso, l’allegoria e la mitologia per parlare di politica e società e mettere in dubbio tutto ciò che allora – e anche oggi – veniva considerato sacro.
E nonostante questo, nonostante fosse un cane sciolto, una boccaccia per niente diplomatica, nonostante morisse in terra diversa dalla sua (rifiutato, bandito, disconosciuto da marchettari di successo, quelli dai molti like che niente facevano per paghe basse e tutto per la molta gloria e la santa pecunia), in un esilio fisico, economico e morale, questo Dante rimase e rimane sempre e solo se stesso, così tanto da essere chiamato per nome da tutti.
E non tutto quello che scrive o fa è eccelso, si badi bene. È sempre eccelso il suo modo di dirci con rara grazia che di alcuni di noi se ne cura meno di una fava lessa.
Nella foto di copertina: Dante, Foto di DANIELA RAMIREZ MANOSALVA da Pixabay