Eleanor Roosevelt è stata senza dubbio la più intelligente, Jacqueline Kennedy la più elegante e drammatica, mentre Michelle Robinson Obama può essere considerata la First Lady U.S.A. alla quale la definizione di comunicatore più si adatta.
Nata a Chicago il 17 gennaio 1964 e laureata in legge a Princeton e specializzata alla Harvard Law School, Michelle è stata inserita dalla rivista Essence fra le “25 donne che rappresentano un modello” per l’opinione pubblica, mentre il suo modo di gestire la scena, disinvolto e sciolto, ha conquistato non solo i Democratici ma anche donne dalla provata fede repubblicana come Laura, Barbara Bush e Melania Trump che, come è noto, ne ha copiato alcuni discorsi.
Durante gli anni dell’apprendistato ha lavorato come Associate Dean of Student Services alla University of Chicago per passare poi al ruolo di Vice Presidente della Community and External Affairs (sempre per la University of Chicago). Il suo discorso inaugurale della Convention Democratica del 2008 le è valsa la definizione di genuina e ottima oratrice da parte del giornalista Ezra Klein di The American Prospect e dello scrittore Andrew Sullivan, mentre nella convention più recente sono state profonde le parole inerenti i Diritti Umani e Civili quando ha ricordato il prezzo pagato dalla popolazione afroamericana per la costruzione del paese (“la storia di questo Paese, la storia che mi ha portato su questo palco, la storia di generazioni di persone che hanno conosciuto la frusta della schiavitù, la vergogna della schiavitù, la ferita della segregazione, che ha continuato a lottare e a sperare e a fare quello che era necessario fare”).
Piena di sound, sostenitrice del chilometro zero, del biologico e di una dieta sana, che il marito stesso non esita a schernire durante i festeggiamenti di Halloween 2016, la First Lady uscente, nel campo della moda, si caratterizza per i colori forti, il bianco e il nero, il turchese e il verde e per vestiti morbidi, dall’aria camp con un’ombra di ribellione, capaci di addolcire le curve afro che mai cedono alla tentazione di diventare muscoli esibiti come succede a certe rockstar in avanti con gli anni. Nelle sue grazie anche il color metallo di Versace, Isabel Toledo, con il suo “giallone del giuramento”, come lo definì Giusi Ferrè, Narciso Rodriguez e Thakoon Panichgul, il tutto condito dai consigli di Ikran Saman Goldman, la sacerdotessa della moda di Chicago, soprannominata da Mickey Boardman, del magazine Paper, la zia Mame “over the top” d’America.
La Casa Bianca, con l’uscita di scena di questa donna meravigliosa, dall’eloquio vivace, avrà senza dubbio qualcosa in meno, non solo esteticamente.
La sua non è infatti una presenza da mannequin in senso tradizionale, ma una costante comunicativa capace di fare la differenza nel rapporto fra istituzioni e cittadino.
Rilassata, solare, aperta, autorevole quel tanto che basta per non finire nella polemica, Mrs. Obama è certamente la risposta al vuoto di sostanza al quale, dagli anni Sessanta in poi, l’opinione pubblica della Casa Bianca era abituata riguardo la figura femminile.
By Matteo Tuveri