Đặng Thân è un artista e poeta bilingue, scrittore di narrativa, di saggistica e di critica. Tipico personaggio della letteratura Post-Doi Moi, è stimato e premiato anche all’estero. Qui alcune riflessioni sulle sue due città e una poesia che descrive con vividezza sensoriale i rituali e l’atmosfera cittadina durante una delle festività più importanti del Vietnam.
Sono nato in una piccola cittadina che si affaccia sulla famosa baia di Ha Long. Prima, un abitante di una piccola città di provincia aveva poche relazioni sociali e molto tempo per leggere, pensare e sognare. Ora che non vivo più lì, mi mancano molto le sue strette strade tortuose piene di polvere delle miniere di carbone, i suoi edifici bassi e aggraziati, la sua terra nuda; tutto intorno avevamo colline di pini. Oggi Ha Long City è diventata un centro urbano turistico all’avanguardia, e non nascondo di rimpiangere la bellezza polverosa e l’orgogliosa solitudine della città di allora. Sebbene queste sue caratteristiche siano andate perdute, restano memorie incise nella mia mente, abbastanza da formare notevole materiale poetico.
Quel piccolo cittadino di Ha-Long, all’età di diciassette anni, si è trasferito nella capitale Ha Noi, una città con più di duemila anni di storia, per studiare all’università. C’è voluto molto tempo perché quel ragazzo di provincia familiarizzasse con una vecchia immensa città di circa quattro milioni di persone (nell’area metropolitana), ma è ancora qui che vivo. Sorprendentemente, nella sua “evoluzione”, quel piccolo cittadino non si è trasformato in un “hanoiano puro “, ma è diventato un cittadino globale, un “cosmopolita” come si suol dire. In retrospettiva, credo che il ragazzo della piccola città avesse uno sguardo limitato ma un cuore molto grande; in fondo le piccole città come la mia nutrono l’immaginazione. Quando la mente del ragazzo si è ampliata per adattarsi alle dimensioni della grande città, ha poi scoperto che la “pura” ristrettezza mentale di Hanoi fluttuava ferma nell’aria, mentre la sua immaginazione senza briglie lo trascinava verso l’esterno. Quindi potrei forse arrivare alla conclusione che gli abitanti delle grandi città hanno una grande mente, ma cambiano e si trasformano molto poco perché in fondo sono soddisfatti di tutte le cose “importanti” che conoscono direttamente. Raramente ne riconoscono arretratezza e tradizionalismo (che però preservano l’eredità culturale). Mentre invece i piccoli cittadini in molti casi hanno motivazione più forte verso il cambiamento, e questo spinge persone come me a diventare globali. Il progressismo in fondo mantiene giovani, non è così?
Stagione Tet[1] in Vietnam Arriva il primo mese lunare e con esso il mercato Vieng degli utensili in metallo pagaie oscillano sulla strada per le pagode augurando un raccolto abbondante gomitate per arrivare ai templi sognando i temporali profumi di luce arriva la primavera come promesso lanterne accese cuori che suonano corni quasi ubriachi in alto la bandiera della festa della poesia che annuncia un mese di vacanza di betel[2] su vassoio e vino in vaso in un vago e immenso cielo-e-terra Ed io in mezzo a tutto questo sorpreso dal tamburo tremante del cembalo di luna che splende svelando amore sereno e luminoso veloce come freccia l’abito di un monaco svolazza mentre il fumo si diffonde dall’offerta votiva di carta perché un desiderio si avveri un sogno venuto dal nulla wow un trio una band di musicisti di cielo e di terra continua a sorridere i fiori sono più freschi e la frutta intensamente dolce il tempo corre accanto alla finestra Apollo dipinge con urgenza i raggi del sole la barca dell’amore si dirige verso il mare da lontano in mezzo all’infinito un canto d’amore [1] Tet Nguyen Dan, in breveTet, è la festività più significativa del calendario vietnamita e segna l’arrivo della primavera. Corrisponde al capodanno lunare e cade tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Le celebrazioni durano un mese e sono considerate simboli di rinascita e di nuovi inizi. [2] La pianta di betel è un sempreverde originario del sud-est asiatico. Per lo più consumata in Asia, viene masticata come le foglie del tabacco. Regalare un un fascio di foglie di betel è segno di rispetto e di buon auspicio. |
(trad. in italiano Lucilla Trapazzo)