Ridirigendo i miei passi in città, alla fine di questo lockdown (così lo chiamano), mi sono reso conto che ciò che mi mancava era la sensazione di poter vivere i piccoli luoghi del mio vivere quotidiano, magari ancora non assaliti dal rientro di massa di tutti gli esseri umani mascherati e igienizzati. Parlo delle piccole strade, degli angoli poco capienti o di quelle linee di autobus che, complice la chiusura delle scuole e la limitazione dei posti, si rivelano inaspettatamente vuoti, ricchi di quelle vestagliette a colori sgargianti che le signore spesso indossano per allontanare il caldo.
La riflessione sulla piccolezza come valore, che non è nuova alla scrittura (il tema dell’ aurea mediocritas, così come chiamata dal poeta latino Orazio, è di vecchia ascendenza) si è estesa, durante la fase virulenta del virus, anche ai piccoli gesti, al caffè della mattina, al rumore del coltello sulla fetta di pane mentre si stende su di essa un velo di marmellata o al fruscio dei piedi della persona che si ama sulle lenzuola fresche la mattina. La riflessione, si sa, attira i pensieri che, come le ciliegie, seguono uno all’altro. Ed ecco allora accendersi un riflettore sui particolari: la cucitura di un capo d’abbigliamento, gli angoli smussati di un mobile degli anni ’50, il riflesso rossiccio della propria barba sullo schermo del telefono cellulare e, ancora, gli odori e i riflessi che vagheggiano i colori del grano.
Sarebbe bello che il mondo, ormai globalizzato anche nella condivisione delle informazioni, a partire da questa estate spaventata si riscoprisse – proprio per questo – più piccolo, che qualche esponente religioso ricordasse la bellezza del silenzio evitando le folle; che qualche politico, invece di urlare o promettere mari e monti, dichiarandosi diverso dagli altri, andasse avanti in silenzio per il bene di tutti, ammettendo errori.
Sarebbe delizioso se ogni utente di social network – proprio loro, gli webeti di recente coniatura – rivalutasse la gioia di sincerarsi delle notizie che condivide. Sarebbe bello se non ci ripromettessimo continuamente grandi cose, grandi dimagrimenti, grandi exploit, grandi ricchezze e grandi rivoluzioni, ma se, in modo tutto europeo, ci dedicassimo alla sublime arte della piccolezza del vivere quotidiano, alla salvaguardia della libertà (e della salute) come strumento massimo per raggiungere, ognuno nel proprio piccolo, uno stato di incomparabile equilibrio.