Esiste un momento, nella vita di tutti noi, in cui un piede oltrepassa metaforicamente quella sottile linea fra la fanciullezza e l’età adulta. È quel momento, spesso identificato anche con il disincanto, in cui i miti, le storie, i personaggi e i luoghi dell’infanzia escono da quel cono d’ombra, fresco e riposante, per approdare alla luminosa e feroce visione adulta. Ed ecco che ci compaiono genitori non più eroi invincibili, ma esseri umani smarriti e spesso sconfitti. Saggi nonni, o odiati zii, fanno il loro ingresso in un mondo in cui di saggio e odioso non c’è niente, specialmente alla luce di considerazioni più razionali e adulte.
Il breve romanzo L’estate dell’innocenza (Garzanti), della spagnola Clara Sánchez, racconta le vicende familiari della piccola protagonista ma lo fa con la voce di una narratrice che, ormai adulta, segue le sue vicende con gli occhi di un disincanto ormai compiuto.
Sfilano davanti ai nostri occhi personaggi come i suoi genitori che, spogliati dalla veste di eroi, indossano i panni di una coppia stanca e scontenta alla ricerca di amore e un’occasione per redimersi dalla mediocrità economica. Sono uomini e donne che “avanzavano in ciabatte verso il grande mare” ma “né nel grande mare né nella vasta sabbia c’era spazio sufficiente per tutte quelle preoccupazioni. Debordavano dal loro animo e s’insinuavano nel mio. D’un tratto tutto intorno a me perdeva innocenza”.
La giovane/adulta narratrice presenta anche la zia Olga, anticonformista e tragica regina dei suoi drammi, il suo amante turco e il successivo marito, prigioniero del suo sorriso, del suo basco calato sugli occhi e dei suoi avventati affari. La zia Olga che “non era mai del tutto qui come me, ma un po’ più in là, dove c’è luce, sul palco su cui mettiamo le persone che ci piace guardare. Sono i personaggi”.
Quello di Clara Sánchez non è solo uno stile spezzettato, forse alla ricerca di una cifra più sua, più matura dal punto di vista letterario, ma anche l’esercizio di una tensione psicologica per officiare un rito di passaggio attraverso il quale restituire alle decostruite visioni estive di bambina l’indefinito, mitico filtro di un Olimpo familiare; simile a quello della Ginzburg, di Monicelli o de I Villeggianti della Bruni Tedeschi.
Un libro ricco di cinema mentale, da leggere ricordando anche i personaggi della nostra infanzia, con gratitudine e forte senso di identità.
By Matteo Tuveri
Immagine di copertina: L’estate dell’innocenza, particolare della copertina