Ovunque ho voluto dormire
ovunque ho voluto morire,
ovunque ho toccato la terra
sulla mia strada è venuto a sedersi
un essere disgraziato vestito di nero
che mi somigliava come un fratello
(De Musset)
L’ombra è l’espressione naturale della vita delle cose, l’espressione della vita dell’uomo. L’uomo ha sempre stabilito un rapporto con la propria ombra, le ha creato intorno credenze e leggende, l’ha fatta “sua”, e ha giocato con lei, con il sole e con il fuoco, creando figurine per evocare un mondo, per materializzare il proprio spazio poetico, per muovere il proprio immaginario. Ogni giorno il sole, che viene a illuminare e a fecondare il mondo, si porta con sé piccoli brandelli della notte, dell’oscurità, che rimangono attaccati a tutto, alle cose, agli animali, alle persone. La visione di questa oscurità attaccata alle cose e al proprio corpo ha svolto una parte fondamentale nella presa di coscienza dell’uomo della propria esistenza. Grazie a essa egli ha potuto percepire per la prima volta la forma del suo corpo. E in essa ha riconosciuto il segno della propria mortalità.
Nel Libro d’ombra, lo scrittore giapponese Jeunichiro Tanizaki scrive: “Ma perché piace tanto a noi Orientali, la bellezza che nasce dall’ombra? La nostra immaginazione indugia su ogni raggrumarsi dell’ombra. Ci rassegniamo all’ombra, così com’è, senza repulsione”. Se Tanizachi rimprovera a noi occidentali indifferenza e repulsione per l’ombra, in tutte le sue eccezioni, è anche vero che nel nostro mondo contemporaneo, che toglie sempre più spazio alle zone di mistero, il tentativo è quello di cacciare e uccidere le zone d’ombra, e il desiderio di dominare il mondo va di pari passo con l’utilizzo di fonti luminose sempre più bianche, accecanti, spietate. Se, trovandoci con un gruppo di persone, spegniamo la luce elettrica e accendiamo una candela, vediamo dietro alle persone altri scuri personaggi impossessarsi delle pareti della stanza. Questa è l’immagine più vicina per esprimere il concetto di “doppio”, di “alter ego” dell’ombra. E il concetto di “doppio” ha avuto in tutta la storia dell’umanità un’importanza fondamentale.
In alcune zone dell’Equatore gli abitanti non escono mai a mezzogiorno perché , essendo il sole allo zenit, le ombre scompaiono ed essi hanno paura di perdere il doppio. In Germania, Austria e Jugoslavia si usa accendere una candela la notte di Natale, e colui che proietta un’ombra senza testa, morirà entro l’anno. I morti, che sono le ombre stesse, non hanno ombra nella loro vita aerea o infernale. Il morto che resuscita, secondo i Greci, è riconoscibile dalla mancanza di ombra. E troviamo anche nel Purgatorio dantesco morti senza ombra. Un esempio che può riassumere queste caratteristiche è il vampiro, il non morto, o il morto resuscitato, che non dà un’immagine di sé, non proiettando ombra, né proiettando il proprio riflesso su uno specchio. Il caso più importante della nostra letteratura che rappresenta quanto sia importante per l’uomo avere la propria ombra e rispecchiarvisi, è dato dal racconto La storia meravigliosa di Peter Schlemih, pubblicato nel 1814 dal poeta tedesco Albert von Chamisso: è la storia di un giovane, Peter Schlemilh, che vende la propria ombra al diavolo, in cambio di una borsa che lo rende ricco. “Ho avuto il piacere di starle vicino per qualche momento e ho potuto ammirare a mio agio l’ombra davvero stupenda da lei proiettata nel sole con una certa superiore noncuranza, ecco, questa splendida ombra ai suoi piedi. Perdoni l’audacia della mia richiesta: le dispiacerebbe cedermela?” Il giovane diviene ricco , sì, ma tutti lo fuggono, compresa la fidanzata, proprio perché non proietta ombra. “ Gesummaria, quel poveretto non ha ombra!… – La gente per bene si porta dietro l’ombra quando cammina al sole!…”.
Così, nonostante tutti i tentativi di nascondere al mondo questa sua mancanza, egli finirà i suoi giorni solo, infelice, ramingo per il mondo: “Posso vedere la mia anima tutti i giorni, basta che vada al sole” (Un uomo del Camerun)
L’ombra non è solamente l’immagine scura e inquietante che accompagna il corpo dell’uomo, ma, proprio in quanto “doppio”, in quanto “alter ego”, può vivere una vita propria. Può farlo per il bene, o per il male, agendo contro di lui. All’ombra vengono attribuite qualità e proprietà sue, il doppio assume una propria identità e vita autonoma.
Dice Otto Rank, nel suo libro Il doppio: “…molte popolazioni credono che ogni ferita inflitta all’ombra colpisca anche l’uomo che la possiede, e il tentativo di eliminare un uomo ferendone il ‘doppio’ è molto diffuso e conosciuto fin dall’antichità. Così, si evita che la propria ombra sia calpestata, si teme il contatto con l’ombra delle donne incinte o delle suocere, è proibito proiettare la propria ombra sul cibo o di un cadavere. ( ragione per cui molte sepolture venivano fatte di notte). Ci domandiamo perché mai gli uomini vedano nell’ombra la propria anima…L’ombra, indivisibile dall’uomo, diventa una delle prime oggettivazioni dell’anima umana, molto prima che l’uomo possa vedere la sua immagine allo specchio…Nell’uomo vivente, in cui l’anima sia integra, abita un ospite sconosciuto, un Doppio più debole, il suo altro io, che si presenta come la sua psiche…il suo regno è il mondo dei sogni. Se l’io cosciente dorme, il suo doppio si sveglia ed agisce…”.
A questo proposito si può ricordare la fiaba di H.C Andersen che porta il titolo L’ombra. E’ la storia di un uomo di scienza, la cui ombra un giorno lo abbandona per vivere indipendente. Durante la sua assenza, all’uomo cresce un’altra ombra ma più piccola. Quando l’ombra fa ritorno, cerca in tutti i modi di sottomettere l’antico padrone, arrivando a trattarlo come se l’ombra fosse lui.
Arriva al punto di chiedergli, dietro compenso, di recitare la parte dell’ombra alla propria festa di fidanzamento. L’uomo di scienza si ribella, ma senza alcun profitto: finirà in prigione, mentre l’ombra sposerà la figlia del re, alla quale arriverà a confessare che la propria ombra è impazzita. In questa “favola” è racchiusa tutta la paura che il doppio, che il nostro lato oscuro ( Dottor Jeckill e Mister Hide?) possa prendere il sopravvento. E l’ombra, quindi, non è più soltanto testimonianza della propria esistenza, ma presenza oscura, demoniaca, che si agita nel nostro io.
Non rifletti quando vedi la tua ombra?
Questa immagine di te, aggressiva, orribile, scura
Che, legata ai tuoi passi come uno spettro vivente
Va sia indietro che avanti.
Si mescola alla notte, sua grande e funesta sorella
E che, come il giorno, nera e dura, protesta.
Da dove viene? Da te, dalla carne, dal fango
Di cui lo spirito si riveste diventando demone”
(Victor Hugo)
Non esiste forse alcuna parola, quanto la parola “ombra” che tanto spesso ricorra nei testi poetici. L’ombra ha colpito la fantasia dei poeti ed ha trovato un particolare significato nelle loro composizioni: “Sono i silenzi in cui si vede / in ogni ombra che si allontana / qualche disturbata divinità (Da “I limoni”, Ossi di seppia, Eugenio Montale).
“Non chiederci parola” / Ah, l’uomo che se ne va sicuro / Agli altri ed a se stesso amico, / e l’ombra sua non cura che la canicola / stampa sopra uno scalcinato muro! (Ossi di seppia, Eugenio Montale).
“Debussy” / La mia ombra va silenziosa / sull’acqua del canale. / Nella mia ombra le rane stanno / private delle stelle. / L’ombra scaglia sul mio corpo / riflessi di cose immote. / La mia ombra va come immensa / zanzara color viola. / Cento grilli vogliono dorare / la luce del canneto. / Una luce nel mio petto nasce / dal canale riflessa (Romancero Gitano, Federico Garcia Lorca).
“ Chiaro di Luna” / Il mio corpo diventa l’ombra / ingrandisce e s’impenna / Vado negli spazi notturni come un sogno / la mia ombra è sempre più sottile, più lunga. / La notte m’accompagna / L’ombra più lunga prende un soffio blu / la notte m’accompagna nella cascata della luna (Nikola Polic, poeta croata).
“Ombra” / Ecco di nuovo accanto a me / Ricordi di compagni morti in guerra / L’oliva del tempo / Ricordi che diventate uno solo / Come cento pellicce per un solo mantello / Come queste migliaia di ferite per un solo articolo di giornale / Apparenza che avete preso impalpabile e scura / La cangiante forma della mia ombra / Un indiano in agguato per l’eternità / Ombra voi mi strisciate accanto / Ma non mi ascoltate più / Non conoscerete mai le divine poesie che io canto / Mentre vi ascolto vi vedo ancora
Destini / Ombra multipla che il sole vi conservi / Voi che amate tanto da non lasciarmi mai / E che ballate al sole senza sollevare la polvere / Ombra inchiostro di sole / Scrittura della mia luce / Cassone di rimpianti / Un dio che si umilia. (Stendardi, Guillaume Apollinaire).
“ …Hai pronunciato le tue parole come se tu non riconoscessi l’esistenza delle ombre, e neppure del male. Non vorresti avere la bontà di riflettere sulla questione: che cosa farebbe il tuo bene, se non esistesse il male? E come apparirebbe la terra, se ne sparissero le ombre? Le ombre provengono dagli uomini e dalle cose. Ecco l’ombra della mia spada. Ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Vuoi forse scorticare tutto il globo terrestre, portandogli via tutti gli alberi e tutto quanto c’è di vivo, per il suo capriccio di goderti la luce nuda? Sei sciocco.” (Il Maestro e Margherita, Michail Bulgakov).
Antonin Artaud indica nel suo saggio “Il teatro e il suo doppio” le strade possibili: “ …Per il teatro, come per la cultura, il problema è quello di nominare e dirigere delle ombre: il teatro che non si fissa nel linguaggio e nelle forme, distrugge di fatto le false ombre, ma prepara la via ad un’altra nascita di ombre, attorno alla quale si aggrega il vero spettacolo della vita…”
A noi rimane la scelta.
By Mariapia Ciaghi