Accostare le immagini alle parole è spesso un evento doloroso perché le prime invadono gli occhi imponendo spesso il silenzio, e scatenando la furia dentro, mentre le seconde sono capaci, come ha sostenuto Tony Morrison, di dare significato, identità e forma ad un mondo in attesa: “Sia essa grande o piccola, che scavi, che esploda, o che si rifiuti di sancire; che sia una risata o un grido senza alfabeto, la scelta della parola, il silenzio scelto, il linguaggio indisturbato si solleva verso la conoscenza, non la sua distruzione” (frasi tratte dalla Prolusione al Premio Nobel, 7 dicembre 1993).
Le parole di Lucilla Trapazzo, tratte dal prezioso volume/catalogo Trentagiorni (Il Sextante), non nuova all’uso della sinestesia e alla riflessione (ricordo Lacrimosa, opera visiva del 2012) sono dunque gli occhi di una coscienza collettiva, simile al coro dell’antico teatro greco, in grado di rompere il velo della furia interiore, provocata dalle immagini, e di ricongiungersi con l’atto medesimo dello scatto compiuto da Alfio Sacco rivelando la suprema vacuità e l’interdipendenza di tutti fenomeni: parole e immagini danno forma le une alle altre in un cerchio ininterrotto di rottura, ricomposizione, speranza e rumore. Un décollage di emozioni e mutue corrispondenze.
Lucilla Trapazzo è nata a Cassino. Dopo la laurea in Lingua e Letteratura Tedesca presso l’Università “La Sapienza” di Roma, un MA in “Film & Video” presso la “American University” di Washington D.C., e una continua formazione teatrale e artistica, lavora come attrice, performer, critica, regista teatrale e formatrice. Le sue poesie e i suoi racconti sono stati più volte premiati (Premio S.Bernardino, Stimigliano; Concorso “Apriamo un Varco” Roma; Premio Nazionale “Il Delfino”, Pisa; Premio Viareggio; Napoli, Isolimpiadi) e pubblicati in antologie, riviste e libri d’arte in Italia, America, Spagna, Macedonia. I suoi quadri e le sue istalla- zioni sono stati esposti in numerose mostre (personali e collettive) internazionali. Le sue performance presentate in diversi festival di arte multimediale (Signal, Cagliari; It’s Liquid, Londra, Buenos Aires, Roma, Venezia). Attualmente vive tra Zurigo e New York e collabora con associazioni di arte, musica contemporanea e letteratura nell’organizzazione di eventi, festival e spettacoli.
Alfio Sacco è nato in Sicilia, vive e lavora a Zurigo. Ha studiato arte, fotografia e litografia a Catania e a Zurigo. La sua arte è contrassegnata da un taglio critico nei confronti dell’attualità. Nell’espressione artistica si pone come contrappunto e alternativa alla cultura ufficiale e riconosciuta, seguendo le orme dell` Underground Art. Le sue foto, che hanno a pieno titolo valenza di quadri, non scaturiscono da scatti estemporanei, bensì da uno sguardo meditato, che si traduce nella scelta consa- pevole dei motivi e delle immagini. A volte ci vuole molta pazienza per cogliere lo scatto giusto nel momento giusto. Non è improbabile incontrare Alfio Sacco il mattino presto, alla ricerca dell’esatta armonia di ombre e luce sulla superficie da poco scoperta oppure vederlo attendere per delle ore fino a che il sole non crei la precisa sfumatura desiderata. Anche i decollage raffigurano questo processo di ricerca temporale. Ogni scoperta di nuovi soggetti, siano essi resti di manifesti affissi, frammenti scrostati di muro, piccoli graffiti alla fermata dell’autobus, per Alfio Sacco diventa storia da narrare. Le immagini sono estrapolate dal loro contesto originario, riempite di altri significati e investite di un nuovo messaggio, come nei palinsesti medievali, in cui spesso ci si chiede cosa si nasconda sotto il primo strato visibile.