Esistono bei libri che arrivano dopo infiniti bruttissimi libri, e la loro sorpresa è come la teglia di pasta a forno della domenica dopo una settimana passata a mangiare insalate sulla scrivania dell’ufficio. Così bello, così ricco e elegante è il libro di Duccio Demetrio “Di che giardino sei? Conoscersi attraverso un simbolo” (Mimesis, 2016). Una scrittura disinvolta, ricca di aggettivi accuratamente scelti, di principali e subordinate che danzano in un piccolo walzer erudito nel quale, tuttavia, la trama principale rimane la semplicità.
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Duccio Demetrio, Di che giardino sei? Conoscersi attraverso un simbolo, Mimesis, 2016
Nel libro Demetrio parla di miti, di storie ataviche che hanno formato la genetica psicologica dell’uomo e che lo accompagnano, con una vena carsica di splendore, nella sua vita, nelle epoche e nelle sue evoluzioni. Uno di questi miti è il giardino, l’hortus conclusus delle sacre scritture, delle memorie familiari, delle paure o gioie infantili (“La mia infanzia era un giardino/d’argentee fonti nei prati zampillanti”, Herman Hesse, In giardino) e dei parchi, che ne racchiudono tanti, come una persona racchiude in sé infinite pieghe.
Oltre trenta tipologie di giardino, fra muschi, cespugli, fiori, frutti, acque, aromi, selve e sentieri, esplorati in punta di piedi, declinando in un italiano delizioso i verbi dell’autobiografia umana fra ciò che si era, ciò che si è e ciò che si sarà sempre. Giardini come “specchi ad angoli obliqui”, termine a me caro perché titolo, questo, di un mio libro, di un’identità personale che appartiene però a tutti.
Preservare il giardino, gli spazi verdi (soprattutto quelli collettivi) dall’abuso edilizio e dal nichilismo del cemento, non è solo un modo per preservare i nostri polmoni e la qualità della vita di ognuno, ma anche la maniera più efficace per proteggere il giardino dentro di noi, quel cerchio magico, “anfiteatro di colori e rumori”, che è l’unico baluardo contro gli assalti della spersonalizzazione.
By Matteo Tuveri
Immagine di copertina: Henri Rousseau, La Charmeuse de serpents, 1907