Roma non è solo il centro storico, ma le sue periferie ricche di storia, arte, eventi, monumenti, storie da conoscere e raccontare: un recente minitrekking è stato la molla che mi ha spinto a raccontare le zone del Quarticciolo e di Tor Tre Teste collegate dall’ampio parco Palatucci.
Cintura verde
Roma città verde: nelle classifiche europee e in quelle mondiali è tra i primi posti quanto a dotazione di parchi urbani, giardini pubblici, ville storiche, riserve naturali in periferia e tanti ettari coltivati nell’Agro. Eredità dei papi ma forse anche frutto di uno sviluppo edilizio che paradossalmente, nel suo disordine, insieme al proliferare di palazzoni, ha preservato strategici spazi liberi, specie nel settore orientale della città. I celebri pratoni, immortalati nei film neorealisti con i palazzi in costruzione a fianco. Accanto all’invidiabile primato “ecologista”, la città gode di un record negativo: quello di Capitale europea più pericolosa per i pedoni, con migliaia di incidenti l’anno. Da tale “combinato disposto” deriva il desiderio e spesso la necessità, di sperimentare percorsi alternativi per transitare in città e il verde può essere anello di congiunzione insuperabile.
Un’esperienza in tal senso è stata la passeggiata di sabato 6 febbraio 2021, dal Quarticciolo a Tor Tre Teste, via parco. Due quartieri diversi e separati, con poche strade carrabili di collegamento. Il primo, storica borgata con un reticolo di case allineate secondo l’impianto stradale romano del “cardo” e “decumano”, esteso in orizzontale, con spazi comuni per la socialità e alla base un’idea di città e di convivenza a misura d’uomo. L’altro apparente isola felice, uno sviluppo in verticale tra il verde dell’omonimo parco e le caratteristiche dei moderni quartieri “satellite” il cui anonimato, per legge del contrappasso, si è pensato di nobilitare regalando un’opera da ‘archistar’. A Tor Tre Teste ci ha pensato il Vaticano, con la chiesa Dives in Misericordia di Richard Meier, il progettista del discusso Museo dell’Ara Pacis al centro di Roma. Da una parte la chiesa, dall’altra il Governatorato che alla fine degli anni Trenta darà vita all’ultima tra le borgate ufficiali del regime.
L’ultima borgata
Quello che ti colpisce appena arrivi è l’aria immota, sospesa, senza tempo. Quasi come se l’orologio si fosse fermato. O forse è fermo davvero, perché al Quarticciolo si è sempre negli anni Cinquanta, poco dopo la guerra, quando l’Italia deve risorgere e ci riesce piano piano. Siamo in tanti a riscoprire questa storica borgata.
Al contrario delle carovane di turisti che affollano disordinatamente via del Corso, piazza Navona, piazza Venezia e i Fori Imperiali, ci immergiamo in una Roma diversa, l’altra capitale, sorta per necessità e venuta su di corsa, per accogliere chi veniva da quelle strade, da quelle bellezze, da quelle rovine, oggi invase da grandi flussi di stralunati visitatori mordi e fuggi. Zigzaghiamo tra i lotti progettati da Roberto Nicolini, dell’ufficio progetti dell’Ifacp, Istituto fascista autonomo case popolari: una risorsa interna diremmo oggi. Di lui, scrisse suo figlio Renato:
Un figlio è un testimone privilegiato della vita del padre, e nel mio caso devo testimoniare non solo ammirazione e riconoscenza, ma anche conflitto. Come in fondo è giusto che sia, le due cose non si escludono.
Affermazione più che veritiera: se Roberto fu ideatore, progettista, realizzatore dell’ultima delle 19 borgate ufficiali del fascismo Renato, dal 1976 come geniale e frizzante assessore alla Cultura della Capitale – giunte dei sindaci Argan, Petroselli e Vetere – con la sua “estate romana” la gente delle borgate la trascinò nel centro della Capitale, in un rutilante spettacolo perpetuo quanto effimero. Percorrendo l’impianto ortogonale delle strade, abbiamo modo di apprezzare la cifra stilistica dell’architetto, con i vuoti e pieni per movimentare le semplici facciate, tal quale a quella del non lontano villaggio Breda, altra sua creazione, e le case a ballatoio simili a quelle del più distante Trullo, realizzate insieme a Giuseppe Nicolosi. L’incrocio delle strade converge sulla piazza giardino, la più importante, la più imponente, con l’edificio a torre, chiaro riferimento alle torri medievali di cui è costellato il versante est di Roma.
Cuore pulsante
Quattro miglia da Porta Maggiore, da cui per corruzione linguistica del quarto miglio “Quarticciolo”, nell’800 l’area era una tenuta. Qui nel 1843 i fratelli Santini, proprietari del terreno, acquistarono dalla Scozia la prima trebbiatrice da utilizzare nell’Agro Romano. Passata al Capitolo di Santa Maria Maggiore, nel 1935 la tenuta fu venduta all’Ifacp per realizzare case ultrapopolari. Nel 1939 aprirono i cantieri con i primi 182 alloggi. Centro della borgata, allora come oggi, era la piazza con l’edificio a torre, allora “Casa del Fascio”, il fabbricato più imponente e significativo. Nei piani alti avrebbe ospitato alloggi popolarissimi, nella fantasia popolare ha sempre rappresentato la fortezza, il sito dominante, in cui si accorreva per le adunate e dalle cui finestre a feritoia si potevano “osservare” i movimenti dei cittadini.
Prima commissariato, per lungo tempo abbandonato e poi occupato, l’edificio ha vissuto momenti di degrado. Damnatio memoriae, eppure la torre antistante la piazza giardino è sempre stata il cuore pulsante del Quarticciolo, con i negozi affacciati sulle due strade che corrono parallele e il doppio, intrigante ingresso speculare, come i bar delle stazioni ferroviarie.
La meraviglia che destano le perfette geometrie del razionalismo, i piccoli giardini curatissimi tra un palazzetto e l’altro, il grigio elegantemente scrostato degli edifici più modesti, immagini caratterizzanti che trovano il loro apice nel segno contemporaneo del muralista Blu, artista di fama internazionale che propone una lettura allegorica della società dei consumi. Con una gigantesca Venere di Milo e il David di Michelangelo estesi sulla facciata principale della “torre” vede in chiave caricaturale, l’una con borse, gioielli, accessori firmati, barboncino al guinzaglio, l’altro con pancia, catena, orologio d’oro, Hogan ai piedi e Iphone in mano, i prodotti del capitalismo.
Attivo a Ostiense, San Basilio, Casal de’ Pazzi, ex Snia al Prenestino, Blu rivolge contestualmente anche una critica alla Street Art stessa, nata come forma espressiva di protesta, estranea alle logiche del mercato e dell’industria culturale ma da queste sempre più inglobata.
Vita sociale
Andiamo avanti ammirando le fantasiose quinte nicoliniane, tra suggestioni metafisiche e impronte razionaliste. Fondali che rimandano a una Roma in quel tempo distante, con evocative arcate che rammentano il Colosseo. Ci sentiamo un po’ turisti e un po’ impiccioni, alieni venuti a intromettersi nella socievole quotidianità che caratterizza il territorio. C’è qualcosa di misteriosamente bello in questa passeggiata, forse dipende dalla strada, elemento portante su cui si fonda l’identità del quartiere. Una strada imponente e mai spaesante, vivace e mai sguaiata, che a ogni angolo con la sua perpendicolare ti rivela una sorpresa.
Come il Teatro-Biblioteca aperto nel 2007, significativa realtà culturale della zona, un agglomerato urbano che, complice la guerra, soffrì del grave ritardo nella dotazione di servizi. Fogne, marciapiedi, caditoie completamente assenti per anni. Nel ’43 gli sfollati dai bombardamenti di San Lorenzo e del Prenestino occupano gli alloggi ancora in costruzione. Poi la Resistenza e le lotte partigiane danno vita a personaggi tra l’ambiguo e il leggendario, come Giuseppe Albano, noto come “Gobbo del Quarticciolo”, un po’ Robin Hood, un po’ partigiano e in parte fuorilegge. Il suo battesimo avviene negli scontri tra l’8 e il 10 settembre del ’43 a Porta San Paolo, poi la lotta partigiana nella borgata, l’assalto ai treni merci e agli spacci, con distribuzione di viveri ai più poveri. E le retate per la cattura, con la polizia a caccia di tutti i gobbi di Roma, moderna rappresentazione dell’Erode di Giudea, senza trovarlo. Infine il triste epilogo: l’uccisione di un ufficiale inglese, la cattura e la morte di Albano in circostanze oscure il 16 aprile del ‘45. Fede politica e ardore religioso qui marciano insieme. Accanto alle targhe commemorative dedicate ai partigiani – tra cui Arduino Fiorenza ucciso il 18 gennaio 1945 perché nel dopoguerra non riconsegnò le armi, le insegne della vecchia sezione del Partito socialista [purtroppo di recente scomparsa] e del circolo “Sandro Pertini” – sono presenti potenti simboli di devozione.
Foto: Associazione Culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale© Foto: Associazione Culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale© Foto: Associazione Culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale© Foto: Associazione Culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale©
La chiesa dell’Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo del 1954, su progetto di Francesco Fornari e la baroccheggiante edicola della Madonna del Divino Amore, posta nell’Anno Santo del 1950 dai residenti superstiti del conflitto.
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Habitat naturalistici
Ci lasciamo il quartiere alle spalle e, costeggiando il centro anziani intitolato all’ex sindaco Luigi Petroselli, prendiamo la “strada del verde”, passando attraverso vari sentieri raggiungiamo il parco Tor Tre Teste, inaugurato nel 2003 e intitolato a Giovanni Palatucci, commissario di polizia medaglia d’oro per aver salvato la vita a 5000 ebrei durante la seconda Guerra Mondiale. Lo spazio verde è molto curato e frequentatissimo: sportivi, famiglie con bambini, giovani, proprietari di cani godono del polmone verde, caratterizzato da un percorso didattico-naturalistico voluto dal V Municipio, in cui l’area ricade, con tappe dedicate alle specie botaniche presenti, scandite da particolari cartelloni esplicativi. Diverse le essenze arboree riconoscibili – pioppi, platani, palme, olmi, lecci, sambuchi e l’infestante ailanto – la cui area è “incorniciata” dalle tabelle, con al centro un foro punto di osservazione e ai lati la descrizione di ciò che si sta ammirando.
Più avanti “la pineta”, la “campagna romana”, il “centro di educazione ambientale”, il campo sportivo fuori norma e il magnifico laghetto con giochi d’acqua.
Ci sorprende la presenza di un nutrito gruppo di tartarughe accovacciate una sull’altra a mo’ di scultura. L’immagine più stupefacente la regalano gli archi affioranti dell’acquedotto Alessandrino, l’ultimo degli 11 acquedotti romani edificato nel 226 d. C. da Alessandro Severo per alimentare le Terme di Nerone. Volendo, si può camminare per un piccolo tratto accanto a quegli archi, dove questi si incuneano nel terreno: un’emozione irripetibile sentirsi sopra 2000 anni di storia.
Nei pressi c’è una stupenda cavea (avrebbe bisogno di manutenzione!) che l’estate viene usata per spettacoli teatrali, perché il parco, sconosciuto a gran parte dei romani, per i residenti è una vera risorsa e non solo di giorno.
Da queste parti passa anche una variante della via Francigena del Sud, cammino dei pellegrini verso Roma, ce lo indica un cartello. Voltando lo sguardo, alle nostre spalle vediamo i profili del quartiere Alessandrino, palazzi abbastanza recenti ma non modernissimi. Di fronte si annuncia l’area di Tor Tre Teste, un altro mondo. Ci arriviamo passando davanti alla fornitissima biblioteca “Gianni Rodari”, un punto di forza del quartiere inserita nell’altro punto di forza costituito dal parco. Natura e cultura, un felice accoppiamento, annuncio di ulteriori scoperte.
A vele spiegate
Ci siamo resi conto di trovarci tutti sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti.
Così, Papa Francesco nel suo Momento di preghiera in tempo di epidemia, il 27 marzo 2020 ricorreva alla simbologia nautica, metafora spesso utilizzata in senso religioso che si rifà alla tradizione cristiana in cui la barca rappresenta la Chiesa come guida nell’impervio mare. Il più alto esempio di tale simbologia, possiamo ravvisarlo al cospetto della maestosa chiesa intitolata a Dio Padre Misericordioso, realizzata dall’architetto statunitense Richard Meier tra il 1998 e il 2003, in occasione del progetto “50 chiese per il Giubileo”, che sembra rifare il verso alle rutelliane “100 piazze per Roma”.
Simbologia nautica quindi, per la grande sagoma a forma di veliero a tre alberi, richiamo alla Trinità, per “traghettare la Chiesa nel nuovo millennio”. Un viaggio per mare verso l’auspicata salvezza. “Le vele bianche ci condurranno verso un mondo nuovo”, sentenziò astutamente Meier al cospetto del Santo Padre, in occasione della presentazione del progetto.
Un disegno ardito, che punta tutto sul bianco lancinante, su cui gli abitanti dei palazzi di fronte hanno avuto subito qualcosa da ridire. Il candido cemento a sostegno delle vele, progettato da Italcementi quale esperimento di tipo speciale e autopulente, durante l’estate non dà tregua ai malcapitati. Ė talmente abbagliante da costringerli a una forzata clausura: un lockdown all’ennesima potenza, pena l’accecamento momentaneo. E la pulizia incorporata nel rivoluzionario componente made “Italcementi”, detto effetto fotocatalisi, dopo anni deve aver perso tutta la sua potenza, considerato l’incombente aspetto delabré.
All’interno il meravigliato stupore si attenua, tutto riconquista un significato perfettamente funzionale alla devozione. Sarà la combinazione vetrate-luce, sarà il bianco che stordisce, o gli arredi sapientemente coniugati con il disegno dell’archistar ma si riconquista quel senso di protezione che le svettanti vele sembrano attenuare.
Protezione e consapevolezza. Come il cammino dei credenti, guidato dalla fede verso “il nuovo mondo”. Noi laicamente, con il nostro cammino per strade alternative proviamo, con nuove modalità, a riconquistare la città.
Tor Tre Teste, Chiesa Dives in Misericordia, interni – Foto: Associazione Culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale© Tor Tre Teste, Chiesa Dives in Misericordia, interni – Foto: Associazione Culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale© Tor Tre Teste, Chiesa Dives in Misericordia, interni – Foto: Associazione Culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale© Tor Tre Teste, Chiesa Dives in Misericordia, interni – Foto: Associazione Culturale GoTellGo / Maria Teresa Natale©