Fino al 12 settembre Palazzo Madama a Torino ospita, nella Sala Atelier, la mostra “Gioielli vertiginosi. Ada Minola e le avanguardie artistiche a Torino nel secondo dopoguerra” (si segnala anche il bel catalogo edito da Silvana Editoriale, con testi a cura di Paola Stroppiana e un ricco apparato iconografico realizzato grazie al prezioso contributo di Gian Enzo Sperone).
La curatrice Paola Stroppiana ha strutturato la mostra in cinque sezioni nelle quali sono esposti 120 gioielli realizzati dalla pittrice, orafa e designer di Gallarate. Gli oggetti, di straordinaria bellezza formale e tecnica, vengono ricondotti alle correnti e personalità artistiche che maggiormente influenzarono la Minola: l’ Art Nouveau e il suo impiego nell’arte applicata, Giò Pomodoro e Lucio Fontana, il periodo neobarocco, le opere di Umberto Mastroianni e il dialogo continuo con l’universo estetico dell’architetto, designer e fotografo Carlo Mollino, maestro nell’assemblamento degli stilemi del Modernismo, dell’Art Nouveau, del Surrealismo, del Barocco e del Rococo.
Ada Malnati nasce a Gallarate in una famiglia di orafi, conosce a Stresa il marito, l’industriale Cesare Minola, e si trasferisce a Torino dove partecipa con gioia e impegno alla vita culturale della città, aprendo la sua casa ai membri del Comitato di Liberazione Nazionale e del Partito d’Azione durante gli anni difficili della guerra. Fra il 1944 e il 1946 commissiona all’architetto Carlo Mollino alcuni arredi per il suo appartamento. Occasione che sottolinea una profonda e duratura amicizia con l’artista, capace di ispirare entrambi e di permettere all’estro della designer e artigiana di svilupparsi attorno al concetto centrale di studio e sorpresa. Non a caso il poeta Emmanuel Looten conierà per i suoi gioielli la definizione di “ bijoux vertigineux” (gioielli vertiginosi).
L’artista studia pittura presso Giosuè Calierno ed espone alcuni suoi gioielli nella seconda metà degli anni Cinquanta: nel 1955 la “Mostra del gioiello firmato” di Milano, insieme a Giò Pomodoro, Franco Assetto, Ettore Sottsass e Bruno Munari; nel 1957 la “Deutsche Handwerkmesse” di Monaco di Baviera e l’XI edizione della Triennale di Milano. Mentre nel 1959 espone alla Galleria Pescetto di Albisola e a Palazzo Reale di Torino.
Nel 1960 le viene affidata la direzione dell’ International Center of Aesthetic Research, fondato da Michel Tapié de Céleyran , una sorta di museo-manifesto, un luogo in cui esibire l’arte, viverla, crearla e discuterla attraverso il confronto e il dialogo fra esponenti artistici. La collettiva del 1965, Le Musèe du Baroque ensembliste, viaggia insieme al volume di Tapié e Luigi Moretti “Le Baroque generalisé – Manifeste du Baroque ensembliste”, di cui la Minola firma la prefazione spiegando come “il fatto artistico, cioè la creazione di strutture, non può esistere che nel superarsi entro un’arte di vivere”.
La sua tecnica del gioiello, quella a cera persa, si sposa con una concezione materica intricata, innervata di linee e addolcita dalle pietre dure, mentre i vassoi sono lavorati a sbalzo con disegni anticonformisti e innovativi. Il coacervo di emozioni, confusioni e istanze, prendono in Ada Minola la via della sperimentazione totale. Nella boule antistress, da stringere forte nella mano per scaricare le tensioni, un insieme di nastri d’oro che formano una palla densa di materia, quasi un concrezione che potrebbe apparire casuale, i vuoti e i pieni sono dosati e sorprendono per l’apparente mancanza di funzionalità; mentre nell’anello quadrato, in argento, diamanti, vetro e smalto, la forma prende il sopravvento diventando architettura da dito. Sorprendenti le spille o gli anelli d’oro, in cui la superficie accartocciata dialoga con l’Arlecchino (1953 – 1956 in ceramica policroma) di Lucio Fontana.
Le citazioni Liberty assumono la forma fitomorfa del reticolo del corallo nel bracciale punteggiato di sfere d’oro, mentre la cornice, i pettini o le impugnature per chiavi prendono vita grazie ai quarzi, al calcedonio e al turchese color del mare. I disegni preparatori evidenziano una conoscenza approfondita della tecnica.
Fra gli anni Settanta e Ottanta, Ada Minola espone a Parigi (Galerie La Chouette, 1971) e svariate volte a Torino (La prima rassegna de gioiello firmato, Sala Bolaffi, 1969 e la collettiva “Ori e Argenti”, presso La nuova Albertina di Torino, nel 1976).
Muore nel 1993, forse un po’ trascurata dalle alte sfere accademiche che oggi tuttavia ne rivalutano fortemente l’apporto al design italiano. La mostra ne traccia il percorso con umanità e forza in un contesto, quello torinese di Palazzo Madama, in grado di restituire all’Europa un genio del Made in Italy.
By Matteo Tuveri