[fbshare type=”button”] Astucci di morbido cotone colorato, grembiulini per bimbi e bimbe che spezzano il grigiore del monocolore standard della grande distribuzione, bavaglini che richiamano, con un sorriso, i tradizionali decori messicani, piccole casette per uccelli, rigorosamente rivestite con stoffe ricercate e introvabili, per librerie sofisticate e un po’ snob. Questa la produzione della giovane e misteriosa creatrice sarda, un po’ Simone de Beauvoir e un po’ Zandra Rhodes, che, dalla passione, da un periodo difficile e da un carattere ribelle e un chic ha ricavato i giusti argomenti, e strumenti, per la sua linea di accessori. Si chiama Cou.cou.ja, dal suo blog (clicca qui) si definisce “un’incantatrice di oggetti”, recupera stoffe da tutto il mondo, e dal passato, e dona forma e colore a oggetti del quotidiano, in special modo quelli legati al mondo dell’infanzia, con corpose cuciture nascoste, angoli netti e accostamenti di colore che sfottono il buon senso, senza perdere di vista l’impossibile.
L’ho incontrata in occasione di un tè speciale, rigorosamente alle 17, quando in inverno la giornata già strizza l’occhio alla sera. Guarda insistentemente l’orologio, ma non sembra funzionare. Glielo dico.
Lei ha fretta? È inutile che ci prova. Quell’orologio non funziona. Lo vedo! Non si può credere a una cosa impossibile.
Oserei dire che non si è allenato molto. A volte riesco a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione.
Credo sia meglio evitare tale ragionamento, credo potrebbe anche farmi ammettere di avere torto e, inoltre, poiché anche io ho una certa fretta….Veniamo alla sua attività di creatrice e designer. Come ha iniziato. Cosa l’ha ispirata?
Ohibò! Se io fossi una personcina seria e responsabile, le direi che il sacro fuoco ha cominciato ad ardere nelle mie viscere fin da quando gambe e braccia annaspavano facendosi spazio nel grembo materno. La verità è che ho attraversato un periodo della mia esistenza tutt’altro che dinamico e stimolante, uno di quei periodi che capitano a tutti e, non di rado, più e più volte nel corso della vita. Uno di quei periodi in cui puoi insaponarti tranquillamente sotto la doccia perché nessuno, fuori dalla porta, bussa insistentemente, sopraffatto dalla necessità di comunicarti le tue straordinarie ed eccelse qualità umane e professionali.
E dunque che ha fatto?
Frequentare un corso di recitazione e imparare ad essere un albero? Convertirmi allo yoga e assumere ardite posture senza rompermi l’osso del collo ommando nel contempo come il più scafato dei monaci tibetani? Quasi obbligatoriamente, vista la mia natura, ho dovuto fare di necessità virtù e buttarmi a capofitto nel cucito creativo. Aggiungiamo che, con la nascita di un tenero e vociante pargoletto, ho avuto di che impratichirmi nei deliri psicotico-sartoriali senza che il destinatario delle succitate esercitazioni potesse ribellarsi più di tanto. Cuci oggi, cuci domani et voilà, il gioco è fatto.
Qual è il concetto che ispira le sue collezioni?
Non ne ho la più pallida idea! Quando l’infante di cui sopra, acquisita una discreta pratica nella favella (pratica che ad oggi va affinandosi con sempre maggiore perizia, ahimé!), ha cominciato a frequentare quella santa istituzione che va sotto il nome di scuola dell’infanzia, ho conosciuto una realtà tanto dolorosa quanto inevitabile: il cromatismo di genere è duro a morire! ovunque orde di bimbi innocenti abbigliati di insignificanti grembiuli monocromi, cirri carichi di rosata o celestina tristezza. E, voltando appena lo sguardo, lo spirito già affranto cadeva senza speranza scoprendo che se Sparta piangeva, Atene non rideva di certo: che dire delle sventurate maestre cinte di divise simil-ospedaliere? E così, lancia in resta, Cou.cou.ja è partita alla carica: colore, colore, colore e colore dappertutto. Colore per tutti. È questo che ispira i divertissement di Cou.cou.ja, far risplendere il mondo di azzardati ma sempre allegri cromatismi. Cosa mi ispira, dunque? Tutto ciò che mi piace, mi dà gioia e mi rende appena più sopportabile di quanto non sarei di mio.
Quale tipi di stoffe utilizza e quale il processo lavorativo creativo?
Essenzialmente cotone. Si spiegazza facilmente, è vero, ma non è poi così difficile da stirare, vantaggio non da poco per chi è capace di usare il ferro da stiro come un’arma di distruzione di massa! Ma anche lino, tanto tanto green, e seta, seducente per brillantezza. Quanto ai motivi, di tutto un po’: pregevoli le stampe giapponesi, irresistibili i pattern nordici, i motivi folk, specie messicani. E il fabric design americano? Sia eterna lode ai Miller, Kaufmann e famiglia! Il fatto è che, da quando il consorte ha deciso di celebrare le principali ricorrenze della vita con omaggi tessili provenienti dalle più lontane contrade del globo terracqueo, ho scoperto che, se un diamante è per sempre, una stoffa di qualità, per quanto oggettivamente meno durevole, è di gran lunga meglio!
Riguardo al processo creativo?
Nella casa, e nella testa, di Cou.cou.ja regna indiscusso il caos. Non è esatto affermare che i lavori di Cou.cou.ja ignorino una schema progettuale, sarebbe più corretto sostenere che essi sono il punto di partenza di un progetto che ancora deve nascere. D’altra pare, non è forse vero che le idee migliori sono quelle che ancora devono venire alla mente?
Presto che è tardi! Grazie Mademoiselle Cou.cou.ja
By Matteo Tuveri
GALLERIA
Immagine di copertina: Grembiulino by Cou.cou.ja©