Coconino Press da alle stampe, per la prima volta in Italia, l’antologia di racconti fantastici e popolari di Kondô Yôko, una delle prime donne della rivista antologica giapponese Garo, fondata nel 1964 da Katsuichi Nagai (insieme a Sampei Shirato), a guadagnare attenzione e fama nel mondo del Manga.
L’antologia, La dote della sposa, è composta da 8 racconti ispirati alle antiche fiabe popolari nipponiche (otoginabashi, filone del genere otogi-zōshi, letteralmente “brevi racconti per tener compagnia“): paesaggi incantati, incantesimi, magie, sogni rivelatori, villaggi stregati, animali dotati di comportamento umano, divinità, spiritelli e gatti molto particolari aiutano e affiancano le protagoniste femminili. Tutte, queste ultime, risolute e pressochè autonome eroine figlie del filone monogatari (XI e XVII secolo) e di quello ukiyo-zōshi (racconti del mondo fluttuante).
La rivista Garo, presso la quale l’autrice si è formata, nasce in Giappone in un periodo chiave per l’evoluzione del paese: i Giochi olimpici del 1964, lo sviluppo economico, la rivoluzione sociale e la diffusione della televisione in tutte le case, fanno in modo che la rivista, che raccoglie le firme più accreditate – ma anche meno stereotipate – nel mondo del fumetto, si delinei come elemento di rottura con il manga tradizionale. Non solo una rivista, ma anche un luogo in cui formarsi, contrapporre idee e acquisire tecnica. Un catalizzatore di libertà, come viene spesso definito nei libri di storia del fumetto, che Sampei Shirato, uno dei suoi creatori, ha definito così: ”una nuova generazione deve prendere il posto della vecchia. Dobbiamo inventare storie rilevanti senza paura di forgiare uno stile unico e personale al fine di stimolare autori e lettori” (si legga a proposito il prezioso volume “Il manga. Storia e universi del fumetto giapponese“, in Lapilli giganti, Tunuè, 2011, di Jean-Marie Bouissou. n.d.r.).
In seno a Garo fanno ingresso nel vivace gruppo di artisti e intellettuali, anche le donne: la prima è Tsurita Kuniko, la cui produzione, che si muove fra il genere storico, quello drammatico e la scienze fiction, è particolarmente felice e prolissa fra 1965 e il 1970. Sua la serie di racconti intitolata Suono (Oto, risalente al 1969). Fanno parte della rivista anche Yamada Murasaki e Sugiura Hinako. La prima, attraverso il bianco e nero, e uno stile timido (tipico della bozza), racconta storie femminili e di vita familiare in cui l’unione con la natura, i dilemmi del ruolo femminile nella coppia, o nella famiglia, sono la norma. La seconda, Sugiura, è più decisa, sensuale ed erotica. Nei suoi racconti, resi con uno stile colorato, si muovono corpi dai contorni netti, pieni di morbidezza e di senso del godimento (non solo fisico, ma dannunziano – o mishimiano – tout court).
Kondô esordisce su Garo con Monoroogu, ovvero un monologo (l’assonanza della parola è evidente anche per un orecchio italofono) in cui la protagonista racconta della sua separazione dal compagno, della sua nuova vita, degli errori e delle sofferenze vissute. L’artista si dedica con entusiasmo e mano introspettiva ai primi piani, all’espressione dei sentimenti. Le sue eroine vivono con pienezza tutti i riti di passaggio, dalla nascita alla morte, passando per il matrimonio, il divorzio, la gravidanza, le ferite ricevute e gli errori da cui scaturiscono rancore e spesso odio. Il montaggio delle vignette crea un flusso narrativo aggraziato, incisivo e mai scontato (si consiglia, della stessa autrice, anche il volume “Una donna e la guerra“, edito da Dynit nella collana Showcase). Il tutto espresso con una rara delicatezza che non indugia nella morbosità e concede sempre il beneficio di una scelta, di una rivincita, di una felicità possibile (nonostante tutto).