Dal 17 settembre all’8 gennaio la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro ospita la mostra “Culture Chanel. La donna che legge”, dedicata al rapporto fra Gabrielle Chanel e la letteratura e gli scrittori. Immancabile appuntamento per chiunque nutra passione verso il mondo della letteratura e della moda, la mostra espone al pubblico circa 350 pezzi, “capaci di restituirci il ritratto intimo di una creatrice – presentata attraverso le sue letture – che ha saputo fare della propria vita una leggenda”.
Partendo, infatti, dalla sua folta biblioteca, il percorso espositivo, diviso in quattro sequenze denominate “La vita che conduciamo”, “Le confidenze dell’invisibile”, “Thoughts that make you think” e “Gli aspetti del tempo”, intesse una fitta rete di analogie concettuali e visive fra le vicende umane e artistiche di Coco Chanel e le sue letture.
Dagli archivi di Mademoiselle emergono alla vista, e al cuore, libri, fotografie, bozzetti, quadri, finissimi oggetti d’arte e dediche. Provengono dal suo appartamento di rue Cambon, e si accompagnano ai profumi e ai gioielli, facendo pendant con le creazioni di Karl Lagerfeld che in questo modo fornisce il suo contributo alla mostra, evidenziando nelle linee, nella scelta dei tessuti e delle tecniche il vocabolario estetico e artigianale della couturière di Saumur. Voci centrali di tale dizionario sono il disegno, l’amore per il classicismo, il fascino del Barocco, della Russia e di Venezia, in bilico fra gli splendori d’Oriente e Occidente.
“La vita che conduciamo non è mai granché, la vita che sogniamo è invece la grande esistenza perché la continueremo oltre la morte”
(Gabrielle Chanel, nota autografa, collezione privata, ©Photo Thierry Depagne)
I libri. Le passioni di una vita
Sono i libri, tuttavia, a rimanere il fulcro dell’esistenza di Chanel: dalla frase dell’amico Paul Morand “I libri sono stati i miei migliori amici”, per arrivare al suo destino di donna senza confini, per la quale la lettura è sogno, superare nelle finite pareti di una stanza i limiti umani per volare nelle infinite pieghe del mondo. Come dichiarano gli organizzatori della mostra, “è il silenzio della lettura che le apre gli occhi sul mondo e che le permette, al contempo, di fuggire da esso, di sognare il suo destino, di costruire se stessa trovando nelle opere, gelosamente custodite, la forza e i mezzi per scrivere la propria leggenda.
Gabrielle Chanel nasce il 19 agosto 1883 nel brefotrofio di Saumur, in quello stesso anno Émile Zola pubblica Au bonheur des dames (Al paradiso delle signore), mentre Guy de Maupassant da alle stampe Una vita, in cui la sua eroina Jeanne Le Perthuis des Vauds, uscendo da un istituto di suore appare “radiosa, piena di vigore e affamata di felicità, pronta a tutte le gioie, a tutte le piacevoli coincidenze che il suo spirito aveva già percorso nell’ozio dei giorni”. Proprio nel monastero e orfanotrofio di Aubazine, Gabrielle viene a contatto con la realtà delle monache ed è lì che, associando il bianco e il nero alla pulizia delle forme, sviluppa il suo interesse per le letture spirituali come la Bibbia, le opere di Jacques Bénigne Bossuet e le Confessioni di Sant’Agostino, presenti nella sua biblioteca insieme a una rara edizione del Cantico dei Cantici, tradotto dall’ebraico nel 1860 da Ernest Renan.
Fra gli scaffali compaiono anche i nomi di Sofocle, Virgilio, Rabelais, Shakespeare, Montaigne, Madame de Sévigné, Baudelaire, Verlaine, Barbey d’Aurevilly, Lautréamont, Rilke, Proust e Claudel. Mentre lei stessa si intrattiene in dialoghi amichevoli, tutt’altro che frivoli, con Jean Cocteau, che esegue un abbozzo di ritratto della stilista, Max Jacob, Pierre Reverdy e Roland Barthes che nel 1967 le dedica l’articolo “Il match Chanel Courrèges arbitrato da un filosofo”, offrendo una lettura filosofica della moda.
Gli incontri: Chanel e gli artisti
Nel 1917 incontra Misia Sert, pianista, modella di famosi pittori e socialite fra le più quotate del tempo. Denominata “regina di Parigi”, la Sert introduce Chanel nei circoli intellettuali e artistici più esclusivi, presentandole a Venezia Sergej Pavlovič Djagilev e la vita piacevole e stimolante del Lido, del caffè Florian, dell’Harry’s bar e della Fenice. La mostra custodisce un ventaglio che Stéphane Mallarmé dona alla pianista polacca con alcuni suoi versi, mentre è Guillaume Apollinaire, con i suoi versi del Bestiario, ad ispirare in Coco il piccolo zoo di oggetti della sua abitazione raffiguranti le linee di animali esotici, simbolo di silenziosa eleganza.
Proprio il silenzio è la motivazione del successo di Coco Chanel secondo Cocteau che scrive: “Per una specie di miracolo, ha applicato nella moda le regole che sembravano valere solo per i pittori, i musicisti e i poeti. Ha imposto l’invisibile, ha opposto al baccano mondano la nobiltà del silenzio” (Jean Cocteau e la moda).
Fortemente attratta dal Dadaismo, pronto alla deflagrazione del compassato spirito borghese, Coco Chanel si dimostra influenzata dai volantini di Tristan Tzara e nel 1921 esordisce con il suo N°5, invertendo le regole della profumeria che battezzava le sue fragranze con ricchi nomi romantici. Persino la confezione del profumo, ormai famoso in tutto il mondo, ricalca i cosiddetti “Papillons Dada” che tanto fecero scalpore nell’ambiente artistico del tempo.
Infatuata dell’uomo d’affari e campione di polo Boy Capel, Coco alla sua morte custodisce nella sua casa i libri letti con lui, e lungi dal rassegnarsi ai colpi del destino, si ribella ad esso rimarcando la sua incrollabile fede nella volontà della fortuna, nell’opportunità presente per ciascun individuo, quella “Chance” alla quale lei stessa dedicherà una fragranza e che individuerà nella ripetizione ossessiva dei numeri fortunati 5 e 19.
Preziosa, rigorosa, glamour ma senza l’ombra di una sola sbavatura, la mostra è un regalo che consigliamo di farvi.
By Matteo Tuveri
Foto di copertina: HORST P. HORST, Ritratto di Gabrielle Chanel, 1937 (CHANEL Patrimoine Collection, Paris ©Condé Nast/Corbis/Collection Patrimoine de CHANEL)