Dal red carpet alle super premiazioni, MockUp ha seguito la serata degli Academy Awards con particolare attenzione. Gli Oscar 2015 hanno avuto come protagonista un cinema nel quale la qualità del lavoro, dalle luci al montaggio, passando per i costumi e arrivando alla sceneggiatura, ha riconquistato la sua centralità. L’America, e un po’ anche il mondo, si riappropria dell’aggettivo di “ben fatto” così caro all’Occidente.
Un quarto d’ora dopo la mezzanotte, Patricia Arquette inaugura il tappeto rosso attraverso il quale sfileranno tutti i divi e gli addetti ai lavori. Segue Michael Keaton, candidato come miglior attore per Birdman. Dakota Johnson, protagonista del bollente e miliardiario Cinquanta sfumaure di grigio, fa il suo ingresso in un provocante e un po’ scontato Saint Laurent rosso fuoco monospalla (ma d’altronde scontato, dopo miliardiario, è il miglior aggettivo per il film sopra citato). Eddie Redmayne, con una battuta molto britannica, sfata il fastidio per il clima “freschino” che ha accolto gli attori a Los Angeles definendolo «meravigliosamente british» (come lui, del resto n.d.r.).
Seguono sul red carpet Benedict Cumberbatch, candidato all’Oscar come miglior attore protagonista per il ruolo del matematico britannico Alan Turing in The imitation game (uno dei film più belli, interpretazioni mozzafiato n.d.r.), Alejandro González Iñárritu, che brinda ai latinos presenti in sala, Lupita Nyong’o, già oscar per il film 12 anni schiavo, con il suo Calvin Klein sfizioso (seimila perle, perché gli Oscar sono negli U.S.A. e lì è tutto esagerato, grande, spropositato e stupefacente, come ci insegna Kafka in America n.d.r.) e Gwyneth Paltrow con il suo abito rosa con fiore ton-sur-ton (scialbo n.d.r.).
E ancora Reese Witherspoon (nomination miglior attrice protagonista per Wild. La donna con il mento più a punta del mondo n.d.r.), Ethan Hawke (Boyhood), Naomi Watts (Birdman), Bradley Cooper (American Sniper) e moltissimi altri (segnalo Lady Gaga con un sontuoso vestito bianco di Azzedine Alaïa. Lei si mai scontata, dedica la sua esibizione a Julie Andrews cantando The Hills Are Alive, dal musical The Sound of Music, portando un po’ di Salisburgo a Los Angeles e dimostrando che la voce ha la sua importanza. Capito Madonna? n.d.r.).
Poi, dopo il breve inizio musicale della serata, condotta da Neil Patrick Harris, le premiazioni.
A Birdman, di Alejandro González Iñárritu, al quale noi di MockUp abbiamo dedicato una recensione esclusiva di Teresa Capula (clicca qui), i premi Miglior film, Miglior regia, Miglior sceneggiatura originale (Alejandro G. Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris Jr. e Armando Bo) e Miglior fotografia (Emmanuel Lubezki). Al film Still Alice, di Wash Westmoreland, il premio Miglior attrice protagonista per Julianne Moore, mentre The Theory of Everything (La Teoria del Tutto) si aggiudica il premio Miglior attore protagonista per Eddie Redmayne.
Al film The Imitation Game il premio Miglior sceneggiatura non originale (Graham Moore), mentre Grand Budapest Hotel, di Wes Anderson, sbanca tutto dopo Birdman, aggiudicandosi il premio Miglior colonna sonora (Alexandre Desplat), Miglior scenografia (Adam Stockhausen e Anna Pinnock), Miglior trucco (Frances Hannon e Mark Coulier) e Migliori costumi all’italiana Milena Canonero. Wes Anderson, dalla sempre rigogliosa immaginazione (ricordiamo The Royal Tenenbaums), ci porta in una location mitologica (in parte Berlino), in un cinema visionario – ispirato alle opere di Lubitsch e Wilder e alle opere dello scrittore/assoluto sublime maestro Stefan Zweig – che nel narrare parla dell’arte di narrare, che celebra il Mondo di ieri, l’uomo dagli infiniti percorsi, dalle infinite storie, coacervo di buono e cattivo al carrefour fra Modernismo, Simbolismo e Impressionismo che in un giro di Walzer recupera l’umano alla quale la sua cultura lo ha educato. Si chiama Jungwien e caratterizzò la cultura viennese ed europea a cavallo fra Ottocento e novecento in una Mischung di contraddizioni come Sogno e Realtà o Eros e Morte.
La pellicola Selma guadagna un Oscar come Miglior canzone per Glory di John Stephens e Lonnie Lynn, mentre Citizen Four, di Laura Poitras, Mathilde Bonnefoy e Dirk Wilutzky, viene incoronato Miglior film documentario.
Whiplash, dal canto suo, fa incetta di riconoscimenti con i premi per Miglior montaggio (Tom Cross, Craig Mann, Ben Wilkins e Thomas Curley) e Miglior attore non protagonista a J.K. Simmons. Per Big Hero 6 il premio come Miglior film d’animazione a Don Hall e Chris Williams, mentre Feast, di Patrick Osborne, guadagna il premio come Miglior cortometraggio d’animazione. Interstellar stringe forte e saldo l’Oscar per i Migliori effetti speciali (Paul Franklin, Andrew Lockley, Ian Hunter e Scott Fisher) e American Sniper il premio come Miglior sonoro ad Alan Robert Murray e Bub Asman.
Boyhood guadagna uno degli Oscar più ambiti: Miglior attrice non protagonista a Patricia Arquette che esordisce con un discorso a sostegno dell’uguaglianza, a partire dal salario, fra uomini e donne negli U.S.A. («tutte le donne che hanno partorito, tutte le cittadine di questa nazione, hanno combattuto per i diritti di tutti gli altri, è ora di ottenere la parità di retribuzione una volta per tutte, e la parità di diritti per tutte le donne negli Stati Uniti»).
Crisis Hotline: Veterans Press 1, di Ellen Goosenberg Kent e Dana Perry, si aggiudica il premio come Miglior corto documentario, mentre The Phone Call, di Mat Kirkby e James Lucas, guadagna l’Oscar come Miglior corto. Infine il palco è per il Miglior film straniero per il polacco Pawel Pawlikowski che ha diretto Ida.
Ricordati sul palco numerosi nomi del cinema venuti a mancare recentemente, compresa Virna Lisi. Forse (e lo dico con ironia n.d.r.) mancava un cenno a Francesco Rosi.
By Matteo Tuveri
Immagine di copertina: Premio Oscar 2011, Christian Bale, Natalie Portman, Melissa Leo e Colin Firth, particolare (Public domain).