Antiche tradizioni vestono il carnevale di Sardegna con uno degli eventi più singolari. Sa Sartiglia è questo: un mix di tradizione tra sacro e profano che quest’anno si svolge domenica 7 e martedì 9 febbraio. Il nome Sartiglia deriva dal castigliano Sortijia che a sua volta trae origine dalla parola latina sorticola che significa anello della fortuna. Il significato della parola racchiude il senso di questo torneo ludico equestre in quanto rappresenta una corsa all’anello, in questo caso rappresentato dalla stella forata inventata dal fabbro Ezechiele Urpis (antico “lattaneri”), ma anche una festa fortemente legata alla sorte e alla fortuna.
Ciò che è diventato l’evento più importante del carnevale sardo, trae le sue origini tra il 1118 e il 1200 dai Crociati che a loro volta appresero tali giochi militari dai Saraceni. Questi furono molto apprezzati in Spagna tanto che vennero importati in Sardegna durante la dominazione spagnola. Inizialmente appannaggio esclusivo delle classi più nobili, divennero familiari anche nelle classi meno abbienti, radicandosi specialmente nella città di Oristano.
Il torneo de Sa Sartiglia ruota attorno a due corse. La prima è quella organizzata del Gremio dei Contadini (rappresentato dalla bandiera rossa, devoto a S. Giovanni Battista), che si tiene durante l’ultima domenica del Carnevale, la seconda è quella organizzata del Gremio dei Falegnami (rappresentato dalla bandiera rossa e azzurra e devoto a San Giuseppe) del martedì “grasso”. A guidare l’evento e ad esserne assoluto protagonista è Su Componidori (dallo spagnolo componedor che significa guida, maestro di campo) figura a metà tra il terreno e il soprannaturale, dalle fattezze indefinite, uomo e donna allo stesso tempo. La sua nomina viene ufficializzata il 2 Febbraio (giorno della Candelora) dai massimi esponenti dei due gremi. Quest’anno sono stati eletti Francesco Castagna e Alessio Garau.
LA VESTIZIONE
Su componidori è al centro di un importante rito di vestizione che vede la sua trasformazione da umano a divino e che da inizio alla festa e al rito. Viene abbigliato da is massaieddas, gruppo di donne esperte del rito, guidate da sa massaia manna. I vestiti comprendono pantaloni di pelle, camicia bianca (ornata di nastri rossi la domenica, di nastri rosa e celesti il martedì) e il coietto, giacca di pelle che, allungandosi sul davanti, è simile ai grembiuli utilizzati dagli artigiani. A fine vestizione, viene posta la maschera bianca dalle fattezze androgine (per la corsa del Gremio dei Falegnami) o color terra (per la corsa del Gremio dei Contadini), un velo finemente ricamato che copre testa, fronte e collo: per ultimo, il cilidro nero. La vestizione in forma privata, viene scandita da trombettieri e tamburini che eseguono il cosiddetto passo de su componidori. Ogni gesto della vestizione è considerato sacro per far sì che l’uomo diventi un cavaliere divino capace di benedire la folla e augurare bene e prosperità.
LA CORSA ALLA STELLA
Una volta terminata la vestizione, il cavaliere divino non può più toccare terra: viene trasportato direttamente sul suo cavallo. Impugna saldamente Sa pippia de maju, doppio mazzolino di viole mammole e pervinche. Egli avanza, preceduto da un corteo in abito tradizionale sardo, dai membri del gremio e da tamburini e trombettieri, unitamente ai suoi luogotenenti su Segundu Cumponi e su Tertzu Cumponi, e si mette alla testa di altri 117 cavalieri mascherati, con cavalli riccamente bardati, per dirigersi verso la via Duomo. Qui, benedice la folla con Sa pippia de maju, che successivamente consegna a s’Oberaju Majore per ricevere le spade con cui effettuerà la cerimonia dell’incrocio delle spade. Sotto la stella che è stata appesa sul percorso, per tre volte incrocia la propria spada con quella de su Segundu con evidente valore propiziatorio. Per primo sarà lui a tentare la sorte, lanciandosi al galoppo con la spada tesa nel tentativo di infilzare la stella. L’onore sarà concesso ai suoi aiutanti di campo e poi, cavallerescamente, alla pariglia dell’altro Componidori. Il capo corsa concede via via la spada ad altri cavalieri, in segno di fiducia o di sfida nei confronti della loro abilità. Quanti e quali cavalieri avranno l’onore e l’onere di calcare la pista è sua esclusiva decisione.
Una volta soddisfatto del numero di stelle colte per il proprio gremio e per la città, ritorna sul percorso per restituire le spade a s’Oberaju Majore e ricevere Su stocu col quale tenterà ancora una volta di cogliere la Stella. Potrà concedere di sfidare la fortuna con quest’arma anche ai suoi luogotenenti, dopodiché, con in mano ancora una volta sa pipia de maju, lancerà il cavallo al galoppo e, completamente sdraiato su di esso, benedirà la folla con ampi gesti: è Sa remada, con la quale dichiara conclusa la corsa alla stella e al termine della quale il corteo si riunisce per spostarsi nella via Mazzini, lungo la quale si corrono le pariglie. Tutti i cavalieri, eccetto quelli delle pariglie dei cumponidoris, si esibiscono in acrobazie in piedi sulla groppa dei loro cavalli, dimostrando coraggio, grande abilità e evidenziando quella complicità e che si instaura nel rapporto uomo-cavallo. Al termine delle pariglie, su componidori riesegue sa remada con cui saluta la folla per l’ultima volta e si dirige verso il luogo in cui verrà eseguita la svestizione. Is massaieddas con grande cura, rimuovono gli abiti che hanno reso l’uomo un semidio: ora il volto dell’uomo prende forma con la rimozione della maschera e sì da inizio ai festeggiamenti che andranno avanti per tutta la notte.
Fiaschi di vernaccia, fragranti zeppole sono l’anticipazione della ricca cena offerta dal gremio che riunirà tutti i cavalieri, i tamburini e i trombettieri, mentre la folla festante riempie le vie del centro storico di Oristano.
By Giulia Marini
Immagine di copertina: Sa Sartiglia, Trombettieri in occasione della vestizione de Su Componidori del Gremio dei Contadini, 2013 (Photo di Duranti©)