La follia del mondo che insegue il potere, le ricchezze e la vendetta e che ritrova sé stesso in una onirica isola in cui tutto si sdoppia, viene capovolto e circola in un misto di sangue, amore e sogno. Per finire poi in una rumorosa empatia che libera il perdono.
Questo il tema de La Tempesta di Shakespeare, fra i romances del bardo più toccanti e immaginifici (1611, Whitehall), messo in scena al Teatro Massimo di Cagliari dall’11 al 15 gennaio con la regia di Alessandro Serra (già pluripremiato per il suo Macbettu, Premio UBU per il “miglior spettacolo dell’anno” nel 2017).
Sulla scena Fabio Barone, Andrea Castellano, Vincenzo Del Prete Massimiliano Donato, Paolo Madonna, Jared McNeill, Chiara Michelini Maria Irene Minelli, Valerio Pietrovita, Massimiliano Poli, Marco Sgrosso e Bruno Stori (ordine alfabetico).
Lo spettacolo, non privo di qualche piccola pecca nei tempi all’inizio (Ariel si avvolge nei ricordi diventando Sicorace mentre Prospero copre un po’ troppo i suoi lamenti ndr.), si avvale di luci possenti, dal sapore cinematografico, sotto le quali i corpi si muovono tagliati da sciabolate luminose e ombre sottomarine. La scena che recita sé stessa, calpestando legno e stoffa, è un metateatro sacrale accattivante. Tutta un tessuto materico e ancestrale fra narrativa, teli e frasi.
Le citazioni napoletane di Stefano e Trìnculo (omaggio che evoca Totò ed Eduardo) realizzano pienamente la rappresentazione Shakespeariana di un’Italia che è Arcadia – colorata, caotica e ricca di pathos – mentre piccoli quadri evocano la magia circense di Federico Fellini, il saltimbanco Mangiafuoco di Collodi e, infine Zampanò (Jared McNeill interpreta un Calibano bizzarro, ricco di fascino). La macabra “cena della colpa” di Alonso, Antonio e Sebastiano vagheggia i conigli neri di Pinocchio al servizio della Morte.
Ariel è un Arlecchino bisognoso di attenzioni e libertà al medesimo tempo, mentre i due innamorati Miranda e Ferdinando dividono la scena in due con una semplice asse, cadenzando le schermaglie amorose e rappresentando le distanze e la difficoltà di comunicazione insite nei rapporti umani. Se è vero, infatti, che siamo della stessa natura dei sogni, è anche vero che la nostra stessa essenza si nutre di ansie e paure che generano distanze. Abbatterle è il miracolo più grande.
Serra è un genio asciutto e tenace che porta avanti con gentilezza una storia universale ed eterna, quella della “fetida pece” umana e dell’amore che unicamente libera l’uomo.