Dall’esperienza e dal forte immaginario di Giuseppe Sciarra un corto di denuncia contro il bullismo di genere che sarà presentato l’11 dicembre 2021, presso il Centro Internazionale D’arte Contemporanea – Sala 1 (Piazza di Porta San Giovanni, 10 a Roma) , in occasione dell’inaugurazione del primo sportello lgbtq+ di Amal For Education (che si occupa da sempre di rifugiati provenienti da zone di conflitto).
Harry Potter è, alla fine dei conti, un bambino non solo prescelto (predestinato da eventi dolorosi a un cammino speciale), ma anche un bambino sopravvissuto: quando nel fluire del tempo la nostra vita viene baciata dalla cattiveria umana, quel bacio, proprio come nelle storie dei bambini prescelti, lascia un segno, una cicatrice che sarà sempre in grado di ricordarci come l’odio, l’amore, la morte e la vita, abbiano danzato sul nostro cuore un walzer fino all’ultima nota.
Il breve documentario di Giuseppe Sciarra, intitolato Ikos, che in greco significa “fenice” ma che, proprio in greco, nel suffisso delle parole “indica l’appartenenza a una categoria, e svolge una funzione classificatrice e categorizzante”, ovvero “appartenente a qualcosa” (alla schiera dei sofferenti che rinascono), narra in prima persona – con delicatezza – il bullismo subito. Ed è proprio alla sua storia che Giuseppe – sfacciati occhi timidi dalla piega a mandorla che declina e gioca con gli zigomi – appartiene, così come ciascuno di noi: una storia fatta di una piccola corazza che circonda un fiore, e delle scalfitture infertegli quando scopre di essere sbocciato in una fossa di leoni.
“Mi chiamo Giuseppe Sciarra e sono l’ultimo di quattro figli. Vengo dopo tre sorelle più grandi: Ida, Monica e Naida. Mio padre si chiama Antonio ed è un insegnante di scuola media, mia madre Assunta è una casalinga. Sono un bambino vivace, curioso e allegro. All’età di sette anni inizio a frequentare le elementari. Subito mi rendo conto di essere diverso dai miei coetanei, soprattutto dai maschietti. Molti di loro mi paiono aggressivi e prepotenti…”.
Inizia così il documentario di Sciarra, accompagnato da immagini crude: il coniglio bianco, non quello di Alice e Lewis Carroll, che corre e passa distratto, ma quello immobile in una landa desolata, pietrificata e secca. Braccato sotto la canna di un fucile fatta di parole che spara macigni (questo è il bullismo: un macigno): “disse una parola: frocio!. Ecco che subito tutti gli altri lo imitarono chiamandomi frocio e sputandomi addosso. Tornato a casa non dissi nulla ai miei genitori. Andai dritto in camera mia e scoppiai a piangere“.
Da quell’episodio, la violenza si fece “pane quotidiano”, racconta il regista. Anche dopo aver cambiato città, le aggressioni non cessarono e, resosi conto che ciò che non andava bene in lui era il suo genuino modo di essere (“guarda che si inizi a comportarti da maschio la smettono“, questo il consiglio che riceve da un compagno di scuola. “Io non mi ero mai accorto di essere effeminato, io ero solo me stesso“, aggiunge la voce narrante), decise di ingerire un cocktail di pillole. Annientarsi è, infatti, la prima risposta al bullismo: “Loro diranno che erano bambini e che le loro erano solo delle marachelle“.
Il coraggio non è l’unico protagonista di Ikos, ma lo sono anche la sofferenza, la rabbia senza scampo, l’aridità e l’odio che l’aggressione e il bullismo evocano in chi li riceve. Il gesto più grande che Giuseppe Sciarra abbia mai compiuto come bambino prescelto dal dolore dell’omofobia del patriarcato becero, è non aver ceduto alla seducente retorica della omologazione agli occhi “colmi di male e cattive intenzioni”, ma aver riempito con la sua arte e il suo amore il mondo, permettendo a sé stesso di rinascere e incontrare il demone del bullismo.
Sciarra. che ha realizzato Ikos con Cinetika di Andrea Natale e la partecipazione dell’attore Edoardo Purgatori, mette sullo schermo un eroe mitologico del Sud quando dice di aver incontrato il demone e di averci parlato, si badi bene non combattuto ma “parlato”, per chiedergli “perchè risvegli in me tanto odio e tanta rabbia?“. Solo nelle grandi tragedie greche i protagonisti intrattengono rapporti di dialogo con mostri e demoni, perchè la grandezza dell’eroe classico non sta nelle armi ma nella forza della propria ragione.