Aldo Forbice è stato un conduttore radiofonico, giornalista italiano e, molto meno noto, appassionato pittore. Ha scritto per l’Avanti!, ha diretto il Giornale Radio su Radio3, è stato capo redattore del TG1. Ha collaborato con Il Mattino di Napoli, Il Messaggero, Il Quotidiano Nazionale – Resto del Carlino e con Il Mondo. Dal 1994 al 2012 ha condotto il programma di Radio1 Zapping (Premio Media Awards come “miglior programma giornalistico radiofonico dell’anno“).
Ha ideato la manifestazione “Umanitaria“, dedicata al sostegno dei Diritti Civili e ai grandi e controversi temi dei nostri tempi, come i genocidi, la violenza sui bambini, la tortura, la pena di morte, la fame nel mondo, il traffico di armi e la violenza sulle donne.
Nel 1998 ha ricevuto la Targa di Amnesty International per la campagna sull’istituzione del Tribunale penale internazionale, il Premio Guidarello per la sezione “radio” del giornalismo d’autore, il 34º Premio Saint Vincent dell’Ordine dei Giornalisti e il Premio Echo dell’Unione Europea. È stato insignito del premio internazionale del teatro popolare, Il Giogo (2001), del Premio Scanno 2002 e ha ricevuto un riconoscimento fuori concorso al Premio Rea di Empoli nel 2003. Nel 2004 ha ricevuto il premio di giornalismo dedicato a Indro Montanelli. Nel 2005, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi lo ha insignito del titolo di commendatore della Repubblica.
Nel 2019, a Mirano (Venzia), ha parlato di Pace, guerra e del ruolo degli artisti nella diffusione dei valori del dialogo e della pace. Lo stesso discorso, toccante e profondo, è stato riproposto nel catalogo dell’evento l’Eco della Pace nel dicembre 2019 a Matera, in cui è stato esposto un suo quadro
Le guerre sono tutte eguali
“Il pretesto della guerra di Troia, voluta dagli Achei 3250 anni or sono per il controllo delle rotte dell’Egeo e degli stretti per il Mar Nero, fu il rapimento di Elena. Cosa incredibile anche per quei tempi, visto che Elena era una nota debosciata che si autodefiniva ‘cagna’ e per la quale non valeva certo la pena di intraprendere una spedizione di guerra e dieci anni di assedio. Fra l’altro, la versione del ratto era contestata già ai tempi Omero.”
A scrivere tutto questo non è uno storico e neanche un esperto di mitologia classica, ma un militare. Anzi un generale: Fabio Mini, generale di corpo d’armata ,che ha svolto anche incarichi di alta responsabilità in seno alla Nato. Un generale pacifista? Sicuramente, a giudicare dai libri che ha scritto in questi ultimi anni , a partire da quello di cui abbiamo tratto una citazione (“Perché siamo così ipocriti sulla guerra?”, Chiarelettere). Il generale-scrittore contesta le tante bugie che vengono diffuse sulle guerre, anche recenti (quelle della ex Jugoslavia, ad esempio, e quella dell’Iraq sulle armi di diffusione di massa di Saddam, inesistenti, come è ormai riconosciuto da tutti). Del resto le bugie e le ipocrisie sono sempre esistite anche, nella prima e nella seconda guerra mondiale e persino nella terza (che è poi stata la “guerra fredda”, con i conflitti di Corea e dei numerosi in Africa).
Le ipocrisie sono state tante, come suggerisce lo stesso Fabio Mini: quella dei falsi pretesti, come abbiamo visto; della non violenza , delle “operazioni umanitarie” . Queste ultime spesso diventano un alibi per nuove guerre che provocano, in nome dell’umanitarismo, stragi, massacri anche di civili (compresi donne, bambini e anziani ). E tutto questo anche invocando Dio ( nelle versioni cristiane, islamiche o di altre religioni). È successo in Iraq, nelle regioni della ex Jugoslavia, in Siria e in altri paesi dell’Africa e dell’Asia (ma anche a Parigi, a Londra, in Germania, in Belgio, Olanda ,Spagna e altrove).
Le guerre sono tutte eguali, anche se gli esperti le catalogano in vari modi, a seconda delle circostanze e delle convenienze politiche e strategico-militari. Vi sono i conflitti internazionali e quelli interni (o civili); la guerra “diadica“ (combattuta tra due Stati), quella di coalizione, partigiana, di difesa, rivoluzionaria, “umanitaria” e così via. Poi vi sono quelle di movimento (le campagne napoleoniche),di posizione (come la Grande guerra, combattuta nelle trincee).E poi quelle di conquista, di liberazione ,dinastiche, di religione e così via. Quante sono state le guerre dell’umanità ? Nessuno è riuscito a classificarle e a censirle tutte . Ad esempio, Luigi Bonanate, un esperto di politica estera, che insegna all’Università di Torino, parla di 800 conflitti “a partire dell’era volgare”. Ma sono sicuramente migliaia e tutte (o quasi ) motivate da ragioni politico-economiche .
“Il motivo della guerra meno confessabile – ha scritto il generale Fabio Mini, nel saggio citato- è anche quello più ovvio: gli affari. E l’ipocrisia favorisce gli affari , e la guerra è un grosso affare. Non è più un affare di Stato, come diceva Sun-tzu, o un affare tra Stati, come diceva Rousseau, o la prosecuzione della politica degli Stati, come diceva Clausewitz: la guerra è una questione di profitto, spesso sporco, e gli Stati sono al servizio dei grandi affari mettendo a disposizione le risorse pubbliche e dando la copertura di legittimità all’uso della forza”. Del resto, ormai conosciamo bene il vasto sistema industriale e di commercializzazione delle armi ( radar, aerei, sottomarini ,carri armati ,ecc.) e delle armi leggere (pistole ,fucili ,mitragliatori ,ecc.),che rappresentano le vere “multinazionali della morte” . Queste ultime sono quasi sempre mascherate da industrie della difesa e della sicurezza e operano prevalentemente nei paesi occidentali e non solo nelle grandi nazioni. Per dare un’idea delle cifre della spesa militare mondiale, parliamo di 1.686 miliardi di dollari (nel 2016) ,equivalente al 2,3 per cento del Pil mondiale o a 228 dollari a persona. Un fatturato gigantesco che consentirebbe , dicono gli utopisti -pacifisti , che consentirebbero la costruzione di centinaia di migliaia di ospedali , scuole, asili , case pe anziani e altre opere sociali. Anche l’Italia partecipa a questo gigantesco business, con un fatturato annuo di 15 miliardi di euro ,con alti profitti .
Siamo tra i primi dieci paesi esportatori di sistemi di armi (aerei, missili, carri armati, ecc.) e al secondo posto ,dopo gli Stati Uniti, nell’export di armi leggere ,anche con una grande multinazionale, come la Beretta, che fornisce pistole persino alla polizia americana. Parlare di pace significa dunque conoscere, sia pure a grandi linee, lo scenario dei sostenitori, fiancheggiatori, suggeritori dei numerosi (troppi) conflitti e delle diffuse violenze, veri e propri crimini contro l’umanità ,in tutto il mondo. Nei paesi più grandi le lobby politiche, economiche e militari sono molto potenti (fra di esse anche le logge massoniche internazionali ) e sono loro che influenzano l’apertura di conflitti armati, scoraggiando le relazioni diplomatiche che potrebbero portare a negoziati per la pace .Le stesse Nazioni Unite sono spesso vittime delle alleanza trasversali di questi potentissimi mercanti di armi. Che cosa possono fare gli artisti su scala mondiale con le loro opere ? I pittori e gli scultori ci hanno sempre provato, come sempre hanno fatto gli scrittori e i poeti.
Le armi degli artisti sono i pennelli e i colori. In ogni epoca, hanno prodotto opere suscitando emozioni, ma anche denunce, provocazioni, sentimenti di rabbia e di dolore ,in tutte le correnti ,soprattutto contemporanee (il fauvismo, l’astrattismo, l’espressionismo, il dada, il futurismo, il cubismo, il realismo, il pompierismo, ecc.), con tutte le varianti. note e meno note. Un solo esempio: ricordiamo l’opera di Pablo Picasso sicuramente fra le più famose, “Guernica” . Nel 1937,il maestro spagnolo profetizzò i bombardamenti aerei sulla popolazione civile ,che cominciarono qualche anno dopo. Fu quello di Picasso un esperimento con la segmentazione delle linee e dei piani, che diventava ossessiva col cubismo analitico, un moltiplicarsi di sfaccettature di linee rotte e di angoli retti. Una tecnica questa che trovò legioni di imitatori e che solo, a partire degli anni Cinquanta, sarà completata con l’espressionismo astratto della scuola di New York . Sarebbe difficile citare anche solo i pittori più noti, impegnati nell’astrattismo e del neo figurativo, nella lotta per la pace. Mi ricordo decine di mostre collettive su questo tema, con forme e contenuti che sembravano sostenere, come una sorta di collateralismo artistico, la propaganda di partiti politici e sindacati, oltre alle associazioni dei partigiani della pace. Oggi però assistiamo a una sorta di deologizzazione del tema della pace, che spesso viene affiancata alla sacrosanta lotta per la tutela dei diritti fondamentali degli esseri umani , come conferma anche la mostra degli artisti di questa rassegna. Il salto di qualità degli artisti è dunque quello di superare radicalmente ogni retorica sulla pace, ogni rituale storico di stampo ideologico che si caratterizzava con uno schieramento politico, come è avvenuto in questi ultimi decenni, a cominciare dall’uso di parte delle stesse bandiere arcobaleno. La pace non è proprietà esclusiva di nessuno. Il colore della pace può coinvolgere solo le Nazioni Unite e tutte le bandiere ,nazionali ed europei, che accettano il bando della violenza di qualsiasi tipo contro gli esseri umani . La bandiera universale dunque deve essere solo quella dell’impegno rigoroso per qualsiasi tipo di pace.
L’unico conflitto tollerato è lo stato di necessità, determinato dalla difesa dai nemici oppressori o da coloro che si propongono di occupare un altro paese, piccolo e debole, perché – come ha detto Bertrand Russel, quando ricevette a Stoccolma il premio Nobel – “l’uomo differisce da altri animali sotto un aspetto molto importante: ha alcuni desideri che sono, per così dire, infiniti, che non possono essere mai completamente gratificati e che lo renderebbero irrequieto persino in Paradiso. Il boa constrictor, quando ha mangiato a sazietà va a dormire e non si sveglia finchè non ha bisogno di un altro pasto. Gli esseri umani, per la maggior parte, non sono così “. E gli artisti sono come i poeti ,senza retorica. Lo ha osservato anche il premio Nobel Salvatore Quasimodo: “in ogni nazione l’assedio silenzioso al poeta è coerente nella cronaca umana. Ma i letterati appartenenti al politico non rappresentano tutta la nazione, servono soltanto , dico ‘servono’, a ritardare di qualche minuto la voce del poeta dentro il mondo. Col tempo, secondo Leonardo , ‘ogni torto si dirizza’“.
I pittori e gli scultori, con le loro opere, sono come i poeti.