Cesare Maestri, nato a Trento il 2 ottobre 1929, è venuto a mancare dopo 91 anni ispirati da audacia, equilibrio ed esperienza sulle cime più impegnative del mondo (circa 3500 salite estreme). Maestri è stato anche un partigiano e uno scrittore, un pensatore fine e profondo. Soprannominato Il ragno delle Dolomiti per le sue doti di scalatore, “fu il primo alpinista ad affrontare in discesa ed in solitaria importanti vie dolomitiche di VI grado“.
In anticipo sull’arrampicata moderna, il cosiddetto free climbing, il Maestro delle cime è stato guida alpina (Canazei, Andalo e Madonna di Campiglio), ha iniziato nel 1951 con la via Detassis-Giordani al Croz dell’Altissimo e ha percorso la discesa i solitaria dalla Paganella. E infine, nel 1970, l’ascesa al Cerro Torre, in Patagonia fra il coraggio e la polemica (aveva portato con sé un grande compressore e 350 chiodi ad espansione ndr).
Tra le sue imprese “solitarie” vanno ricordate la via Dibona al Croz dell’Altissimo (1952), la via Comici al Salame del Sassolungo (1952), la via Solleder in Civetta (1952), la via delle Guide sul Crozzon di Brenta (1953), la via Trento (Detassis) alla Brenta alta (1953), la via Soldà al Pilastro sud della Marmolada di Penia (1953), la traversata dalla Cima d’Ambièz alla Bocca del Tuckett concatenando in solitaria 16 cime della catena centrale in meno di 24 ore (1954), la Vinatzer al Sass de Luesa (1955), la via Oppio al Croz dell’Altissimo (1955), la via delle Guide al Crozon in discesa (1956), lo spigolo nord del Cimon della Pala in prima solitaria invernale (1956), la via Micheluzzi al Piz Ciavazes (1956), la via Solleder al Sass Maor (in discesa), la via Buhl e la via Maestri – Baldessari (in discesa) alla Roda di Vael, le nuove vie aperte tra il 1964 ed il 1966 in Brenta su Cima Grostè, Cima Campiglio, Cima Massari.
Il ragno delle Dolomiti era amico e confidente del nostro Direttore Responsabile, Mariapia Ciaghi, che ha deciso di condividere con i lettori di MockUp Magazine un’intervista fattagli tempo fa e di aprire un album personale, fatto di immagini vive e ricche di significato per gli appassionati di arrampicata e per gli amanti dell’arte del coraggio.
Prima di cimentarsi per la seconda volta nel 1970 a raggiungere la cima del Cerro Torre, considerato all’epoca il più difficile dal punto di vista tecnico lei disse: “Nella vita di un uomo c’è sempre un momento nel quale si mette tutto sul piatto della bilancia dove non vale più vincere o arrivare, il momento di lasciare la speranza per la volontà; oggi, questo momento è il mio, se non tornassi, potranno dire che ho trovato il mio senso della vita lassù in alto, nell’imponente Torre, in argentina; ricordatemi”. Lei riuscì a superare quella prova. Potrebbe affermare che nella vita la volontà può essere un mezzo indispensabile per raggiungere ciò che aneliamo nel nostro angolo più profondo e segreto?
La volontà è il motore della vita umana , ma la volontà deve – a mio parere- essere supportata dalla tecnica, dalla preparazione specifica e dalla esperienza. D. Per uno scalatore il senso dell’equilibrio è uno dei fattori indispensabili per raggiungere la meta. E nella vita? R. Sì, se l’equilibrio è inteso come conoscenza delle proprie capacità, sia fisiche che psicologiche . In entrambi i casi io credo che l’equilibrio sia una giusta miscela fra la tecnica, l’esperienza, la prudenza, l’audacia e soprattutto la conoscenza dei propri limiti.
Lei è stato chiamato “il Ragno delle Dolomiti”. Trovare asperità e appigli nella roccia sembra fondamentale per raggiungere la meta solo con le proprie mani ed i propri piedi. Quali sono le “prese” alle quali si è potuto appoggiare per raggiungere i suoi sogni?
Credere in quello che si fa, amare il proprio lavoro e soprattutto avere l’assoluto, reciproco rispetto verso tutta l’umanità.
Per affrontare una via credo che nello scalatore debbano coniugarsi il cuore, la mente, la forza, l’equilibrio e la creatività. Così nella vita, il cuore ci permette di vincere le sfide che ci proponiamo per, dopo aver realizzato un sogno, averne molti altri. Lei continua a sognare? Qual è il sogno più alto che è riuscito ad abbracciare?
Nella mia vita ho accarezzato molti sogni. Nella mia carriera alpinistica ho invece sempre puntato a realizzare “progetti”. Il mio sogno? Un mondo senza guerre, senza discriminazioni sociali, etniche e religiose, insomma un mondo di “sogni”.
Che cosa pensa dell’alpinismo che si pratica oggi?
Ho sempre creduto che ogni azione umana , compreso l’alpinismo deve essere posta e analizzata nel momento storico in cui è stata o è realizzata. Il mio alpinismo è stato, per me, meraviglioso.
Che cosa pensa dell’alpinismo collettivo praticato per esempio ai massimi livelli dai russi come nella parete nord dello Jannu?
Ognuno ha il diritto di gestire il proprio alpinismo sempre nei limiti del reciproco rispetto.
Pochi scalatori si distinguono per il fatto di non inserirsi nella corrente dominante. Qual è secondo lei lo stile auspicabile per il futuro?
Sono sempre stato assertore che ad un alpinista equivale un alpinismo, a milioni di alpinisti- milioni di alpinismi.
Recentemente si è fatta strada una nuova disciplina sportiva, lo skyrunner che unisce alla montagna la corsa e la libertà di andare dove vuoi. Pensa che ci siano buone prospettive per questo sport in Trentino?
Se fossi giovane, oggi, che non è più tempo di “imprese” ma solo di “exploit” io sarei uno skirunner.
Qual è la sua età spirituale?
quella anagrafica 76 anni., quella biologica un po’ meno, quella spirituale non è mai cambiata da quando ho l’uso della ragione.
Poter lanciare un messaggio di pace, di fratellanza a 73 anni da un ottomila deve essere stato per lei un momento di gioia particolare. Potrebbe descriverci quel momento sullo Shisa Pangma in Tibet?
Lo considero un progetto utopico, una battaglia contro i mulini a vento. Faccio mia una frase di Visetti allora direttore del “Trentino”: “Cesare non darci la delusione di essere deluso”
Quali sono i principi etici ai quali l’uomo dovrebbe far riferimento per la grande scalata della vita?
L’onestà, la coerenza, il rispetto e la tolleranza reciproca; e come dice il poeta statunitense Edgar Lee Master: “Dare un senso alla vita può condurre a follia, ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio, una barca che anela al mare eppur lo teme”