In Europa sono molte le tradizioni millenarie che ancora godono dell’interesse popolare. I borghi medievali, disseminati in tutto il continente, si animano a festa in particolari momenti dell’anno per riconnettersi con le loro origini più primordiali.
Con l’avvento del Cristianesimo sono cambiate le chiavi di lettura, ma molti costumi sono rimasti pressoché invariati. È ormai noto che le antiche credenze e i riti pagani si siano fusi con la nuova religione, facilitando la conversione e l’accettazione del nuovo credo. Festività come il Natale o la Pasqua hanno spesso radici primordiali, politeiste e quindi pagane.
Nei territori più impervi, spesso montuosi, abitati da comunità isolate, la presenza di questi riti che oggi ci paiono avvolti nel mistero, si mantiene ancora più forte. Il paesaggio plasma l’uomo, il suo vivere e i suoi costumi ed ecco spiegata la somiglianza tra folklori distanti geograficamente. Il Belpaese presenta tutte le condizioni necessarie alla nascita di certe tradizioni. Un paese variegato, multilingue e multietnico, in cui si è conservata gelosamente la memoria.
Presenti in tutto l’arco alpino, dal Trentino Alto-Adige al Friuli, i Krampus, creature maligne che il 5 dicembre accompagnano San Niccolò tra le strade dei paesi, ancora popolano il presente di grandi e piccini. Tali demoni cornuti, dalle sembianze animalesche e dalla folta pelliccia, si divertono a punire sopratutto i bambini, rapendoli e percuotendoli con fruste di rami. Portano sulla vita pesanti campanacci per avvertire i malcapitati della loro presenza. Sono loro i veri protagonisti della notte di San Nicolò. Il santo, seguito dal suo demone servo, fa visita a tutti i bambini e se questi si sono comportati male nel corso dell’anno, verranno severamente puniti dal Krampus, altrimenti saranno ricompensati con doni e dolci. Le loro maschere sono in legno e riccamente decorate, mostrando ghigni infernali e denti aguzzi.
La loro origine rimane ignota, risalente alla tradizione pre-cristiana, di origine germanica, legata alla fertilità. Il loro imponente aspetto caprino e i campanacci che portano sul basso ventre richiamano infatti i genitali maschili e rappresentano quindi un simbolo erotico e di prosperità.
Simili costumi si possono trovare anche in altre zone geografiche, apparentemente sconnesse tra loro, dove gli uomini sono accomunati da uno stile di vita simile. In Sardegna sono altrettanto noti i Mamuthones, anch’essi caratterizzati da spesse pellicce, maschere scure di legno e grossi campanacci. Essi dimostrano ancora una volta la peculiarità dell’Isola che ci appare, sotto diversi aspetti, saldamente ancorata alla sua storia più antica. Spostandosi più a est si incontrano invece i Kukeri, maschere di origine bulgara. Si tratta sempre di un rito legato alla fertilità ed in particolar modo al culto di Dioniso e dove non mancano le allusioni sessuali di buon auspicio. Anche il Kuker è un essere dall’aspetto caprino, ricoperto di pelliccia, col volto nascosto da una maschera di legno.
Tali usanze, riti e maschere godono della tutela di enti internazionali come L’UNESCO, oltre a rappresentare una parte importante dell’indotto turistico.
Negli ultimi anni, i Krampus hanno attratto l’attenzione dei turisti provenienti da tutto il mondo. In loro si fondono, amalgamandosi alla perfezione, mitologia, simbolismo, esoterismo ma anche saperi artigianali.
Le maschere e i costumi sono interamente realizzati a mano in laboratori specializzati, rendendo di fatto il loro prodotto un’autentica opera d’arte.
Al confine tra Trentino e Alto Adige, nel piccolo paese di Roverè della Luna, il giovane artista Luca Pojer ci ha rivelato che per una maschera deve lavorare fra le 80 e 100 ore settimanali (Leggi l’intervista).