Accomodarsi al tavolo di un ristorante e osservare gli avventori rimane, senza dubbio, una delle attività più stimolanti della lunga estate calda europea. Ringrazio la puntigliosa Mafalda per la sua descrizione di una sera al ristorante.
Al ristorante
Quattro bimbiminkia che urlano – con una ostentata cadenza da bauscia – cose stupide ma con un tono da VIP, fra il biascicato e l’esclusivo. Richiamano l’attenzione del cameriere con l’alzata della mano pronunciando male, e in modo incerto, le parole “Sauvignon” e “barrique” e ordinando baccelli di edamame – con l’aria di chi non sa cosa siano – perché qualcuno deve aver spiegato loro che le persone chic lo fanno sempre. La loro non è una serata ma un “happening”, le feste di di cui parlano sono “eventi”.
I ragazzi, con aria da piccoli Piersilvio, tutti e due con bermuda, cintura intrecciata beige chiaro Hugo Boss, pettinatura anni ottanta (finto spettinato medio lungo). Le ragazze delle piccole Sharon Gusberti: bionde alla Barbie, senza fianchi e tette, trucco appena accennato, borsa appesa al braccio anche mentre stanno sedute.
Si sentono frasi significative come: “tesoro come sei bella, che bella grana della pelle” (io vorrei urlarlo – a lei, a Sharon – che non è un commento da etero, ma si arrangia: se gli sta bene uno che non sa pronunciare Okonomiyaki, indossa espadrillas in stampa maiolica di Dolce & Gabbana e ha la finta abbronzatura da Kieler Yacht Club a 25 anni, gli starà bene anche uno che gli piace la fava!).
Nell’altro tavolo accanto al mio, una coppia di 28 enni, vestiti come la governante e lo chauffeur di mio nonno: insaccati in croccanti abiti color kaki Dorothy Perkins, 96% cotone e 4% elastan, presi su Zalando (31,99 €, spedizione e reso gratuiti). Lei con uno chignon che più di ricordare Kim Cardashian evoca una baby miss americana, lui ha una camicia a manica lunga “color impiegato”, alone di sudore sotto le ascelle, risvolto dei pantaloni alto, modello “Riso amaro”, credo che anche la sua pelle sia coloro kaki (o forse è il riflesso).
Parlano di cose come “i tuoi sono già a Palma?” (Non si capisce se Palma di Maiorca, Palmas Arborea o Palmanova in Friuli-Venezia Giulia) e lui risponde: “come sempre tesoro”. Recitano la parte della coppia esperta e sovranista: si rifiutano di usare le bacchette per mangiare il sushi e probabilmente pensano a tutti i prezzi in lire come un articolo di DiPiù.
Rifletto sui loro modelli familiari (tutti rigorosamente tradizionali) e sorrido al cameriere cinese con l’auricolare all’orecchio destro prima di specchiarmi sulla superficie odorosa e traslucida della mia ciotola di ramen.