Illustratore, autore di opere di animazione e di videogiochi, Riccardo Atzeni è uno degli artisti emergenti del panorama creativo sardo, proiettato verso l’Europa per temi, stile e sensibilità. L’abbiamo incontrato per saperne di più sulla sua vita di “illustratore senza fili” e per parlare di arte, cultura pop e insularità.
Sul suo sito web ufficiale si definisce un “illustratore senza fili” (wireless illustrator). Che cosa significa questa definizione, e come nasce il suo percorso artistico?
La definizione è nata per caso. All’epoca lavoravo molto nel settore informatico, e trovavo buffo unire un termine legato ad un lavoro con una componente artigianale (l’illustrazione), con un termine utilizzato nel settore informatico (wireless). Oggettivamente, poi, lavoro senza fili. Il mio percorso artistico inizia mentre frequentavo le scuole superiori, come fumettista per una piccola rivista. Nel 2000 ho iniziato a fare le mie prime animazioni in digitale, e da quel momento ho affiancato con costanza illustrazione e animazione, principalmente nel settore della comunicazione aziendale. Il 2016 è stato un anno molto importante, mi sono focalizzato su aree più creative e artistiche, e ho lavorato molto sull’illustrazione ad acquerello. Lavorando molto al computer faticavo a mantenere una buona manualità con gli strumenti tradizionali: è stato come tornare in palestra.
Le sue opere nascono in Sardegna ma hanno un respiro decisamente europeo, sia nello stile dai toni morbidi e dalle atmosfere oniriche, sia nella scelta dei temi, con una grande attenzione alla cultura pop, all’attualità e ai fenomeni sociali e di costume. Qual è l’influenza dell’isola sul suo lavoro e quali sono le sue altre fonti di ispirazione?
Il pop è sicuramente uno dei temi che tratto con più passione. Mi piace prendere le icone pop, soprattutto i supereroi, e toglierli dal loro contesto, eliminando o ridicolizzando l’elemento machista, oppure creando una scena nella quale si rivela inutile avere dei superpoteri o un costume sgargiante. La decontestualizzazione genera la risata, e l’immaginario pop si presta molto bene a queste revisioni. Dall’infanzia a oggi, ho amato fumettisti e illustratori diversi, a seconda delle fasi della mia vita: sicuramente ancora oggi fumettisti come Giorgio Cavazzano o Corrado Mastantuono, conosciuti sulle pagine di Topolino, sono ancora dei pilastri per la potenza delle forme umoristiche che creano, insieme a tutta la scuola franco-belga del fumetto; ho scoperto l’illustrazione d’autore da piccolo con Sergio Toppi, che adoro; amo Gipi per tutto quello che fa come narratore, per il disegno e l’uso meraviglioso dell’acquerello; lo stesso vale per Igort. Vado matto per le copertine del New Yorker, che per la loro composizione sono spesso un’ispirazione quando realizzo le mie illustrazioni. Mi piacciono l’inchiostro di Yuko Shimizu, il lavoro concettuale di Alessandro Gottardo e il rigore artigianale di Angelo Monne. Da piccolo al cinema sono stato segnato da King Kong, Chi ha incastrato Roger Rabbit, Tim Burton’s Nightmare Before Christmas e dai film di Maurizio Nichetti. La Sardegna è presente con i suoi autori, che ho citato, ed è presente per il semplice fatto che ho deciso di vivere e lavorare qui: inevitabilmente i volti che disegno sono spesso sardi.
Parliamo ancora della Sardegna. Per molti giovani sardi, l’insularità rappresenta un ostacolo alla realizzazione dei propri progetti. Alcuni decidono di varcare il mare in cerca di nuove opportunità. Altri decidono di restare e di dare vita a qualcosa di nuovo, spesso collaborando con le tante realtà legate alla creatività e all’innovazione che sono nate negli ultimi anni in Sardegna. Può raccontarci la sua esperienza?
Spostarsi spesso è necessario, e anche quando non lo è, è sempre una scelta affascinante. Fortunatamente nel mio lavoro, almeno in termini logistici, non è importante la posizione geografica mia o del mio cliente. Lo è se si vuole creare una rete ampia, perché oggettivamente viviamo in un’isola con pochi esseri umani e di conseguenza poche reti professionali. In questi anni ho avuto la fortuna di collaborare con molte persone, un aspetto determinante per poter vivere del proprio lavoro in un ambiente delicato come quello sardo. Open Campus, lo spazio di Coworking nel campus Tiscali, è stato fondamentale per la mia crescita professionale sia in termini di qualità del lavoro che in termini di qualità delle collaborazioni: è uno spazio in cui i colleghi sono diventati amici, e la qualità della vita e dei rapporti lì dentro è altissima. Tutti quanti dovrebbero lavorare in uno spazio di coworking come quello.
Uno dei lavori ai quali sono più legato in assoluto, poi, è il corto animato che ho realizzato con Chiara Effe per il Gay Pride 2015. Con Chiara è stato fantastico, perché eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, e da lì abbiamo fatto tanti concerti con canzoni e disegnini che sono stati molto importanti per me. Entrambi poi siamo dei feroci sostenitori dell’Associazione ARC, un manipolo di coraggiosi difensori dei diritti LGBT a cui voglio molto bene.
Più di recente, invece, ho incontrato Peter Marcias. Insieme abbiamo realizzato un cortometraggio, “Il Mio Cane si chiama Vento”, che ha partecipato al Giffoni Film Festival e ora sta girando il mondo, dall’Asia alle Americhe, in diversi festival internazionali. Un lavoro al quale sono molto legato, che ha avviato molte altre collaborazioni con Peter: i risultati si vedranno nei mesi a venire.
Infine, l’incontro con il Festival Sulla Terra Leggeri, diretto da Flavio e Paola Soriga, mi ha permesso di viaggiare per la Sardegna con un’attività che mi sta molto a cuore: i ritratti per strada. Lo faccio da anni ormai, mi porto dietro gli acquerelli e disegno le persone che ho attorno; è un modo per mettermi alla prova in contesti imprevedibili, dove spesso nasce uno scambio molto bello con le persone ritratte. Il festival è stata un’esperienza entusiasmante, che ha generato molte collaborazioni parallele.
Illustrazioni ad acquerello, animazione per il cinema, pubblicità e addirittura videogiochi! La sua produzione artistica spazia agilmente tra generi e strumenti espressivi differenti, coniugando l’arte pura e l’aspetto “business”. Uno stile che cambia a seconda del supporto utilizzato, ma sempre riconoscibile e riconducibile alla sua cifra stilistica. Che cosa significa, oggi come ieri, la duttilità per un artista? Un termine che anche in altri ambiti spesso confina con la “flessibilità”, un concetto in teoria positivo, ma che si è caricato negli ultimi anni di valenze molto tristi, soprattutto per i giovani.
In un contesto lavorativo come quello sardo, occorre essere flessibili, sempre nell’accezione positiva. Quello che penso quando lavoro è che, a conti fatti, io disegno. Questo è il punto di partenza. Il disegno artistico può essere declinato in tanti modi, e fortunatamente viviamo in tempi in cui l’immagine è un elemento cruciale della comunicazione. Da un punto di vista professionale, quindi, saper disegnare apre diverse strade: ognuno è libero di seguirne una, due, o molte. Negli anni, anche a seconda delle opportunità o delle difficoltà, mi sono mosso in settori diversi: per alcuni anni i miei lavori si sono spinti molto più verso la grafica digitale, ad esempio.
C’è sempre stata una scelta dietro. E ho sempre fatto di tutto perché il disegno fosse la base da cui partire. Disegno vuol dire illustrazione ad acquerello o digitale, vuol dire fumetto o vignetta satirica, vuol dire comunicazione aziendale o copertina di un CD musicale. Se poi il disegno lo si anima in un cartoon, si entra in una dimensione ulteriore, con possibilità professionali molto diverse e ugualmente varie.
Prima di salutarci, può raccontare quali sono i suoi prossimi progetti?
Quest’anno sarà dedicato a consolidare quello che ho seminato nel corso del 2016. Quindi molta animazione orientata al cinema (un cortometraggio in dirittura d’arrivo e un lungometraggio in pre-produzione), e un ritorno al cartaceo: questa parte ha ancora bisogno di un lungo lavoro, forse di un altro anno. Inoltre con un collettivo di amici stiamo facendo degli esperimenti per lanciare nel 2017 dei prodotti legati all’illustrazione e alla letteratura. Temo che ci vorranno giornate più lunghe di 24 ore.
Grazie per il tempo che ci ha dedicato!
By Andrea Duranti